Il consumo di suolo in Italia è sempre maggiore e continua a crescere a ritmi preoccupanti. La perdita di suolo naturale ha effetti gravi su ambiente, economia e qualità della vita perché per via dei lunghi tempi di formazione, questa risorsa è considerata limitata. Per questo motivo, è urgente adottare politiche efficaci di pianificazione sostenibile, riuso delle aree dismesse e protezione del territorio. Ed è necessario sensibilizzare istituzioni e cittadini sull’importanza della tutela del territorio e sulla sua gestione sostenibile in quanto bene prezioso per le future generazioni.
Il consumo di suolo in Italia è sempre maggiore
Un Rapporto sul Consumo di Suolo 2022, realizzato da ISPRA e SNPA, offre un’analisi dettagliata delle trasformazioni territoriali in Italia, evidenziando l’aumento delle superfici artificiali a scapito di quelle naturali e agricole. Il documento monitora l’uso del suolo, analizzando il degrado ambientale e le ripercussioni sugli eco-sistemi.
L’obiettivo principale è fornire dati e strumenti per supportare le politiche di sostenibilità ambientale e le strategie per contrastare il consumo di suolo. Il rapporto si inserisce nel contesto delle normative europee e nazionali, tra cui il Green Deal europeo e la Strategia per il suolo 2030, che puntano a zero consumo netto di suolo entro il 2050.
Il valore del suolo e la sua tutela
Il suolo è una risorsa non rinnovabile e svolge funzioni essenziali, tra cui:
- Produzione agricola e biodiversità
- Stoccaggio del carbonio e regolazione climatica
- Filtrazione e gestione dell’acqua
- Supporto per attività economiche e culturali
Tuttavia, è sempre più minacciato da fenomeni di degrado, tra cui:
- Impermeabilizzazione (cementificazione, asfaltature)
- Erosione e perdita di materia organica
- Contaminazione chimica e inquinamento
Secondo le stime, il 60%-70% dei suoli europei non è in buone condizioni. Le perdite economiche dovute al degrado del suolo nell’UE superano i 50 miliardi di euro all’anno.
Monitoraggio del consumo di suolo in Italia
Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) monitora ogni anno il consumo di suolo attraverso dati satellitari, foto-interpretazione e indicatori territoriali.
Le principali dinamiche analizzate sono:
- Espansione urbana incontrollata: crescita di edifici e infrastrutture a scapito di suoli naturali.
- Crescita di poli logistici e industriali: specialmente lungo le principali arterie di comunicazione.
- Impatto delle energie rinnovabili: ad esempio, la diffusione di impianti fotovoltaici a terra che sottraggono superfici agricole.
Il rapporto evidenzia che il consumo di suolo in Italia continua ad aumentare, superando i 2 m² al secondo nel 2021 e raggiungendo quasi 70 km² di nuove superfici artificiali in un solo anno.
Dove si consuma di più il suolo: la distribuzione geografica del consumo di suolo
Il fenomeno colpisce in modo disomogeneo il territorio italiano. Le zone più critiche sono:
- Aree urbane e periurbane: le città continuano a espandersi, consumando suolo agricolo e naturale.
- Fasce costiere: sempre più urbanizzate, con perdita di habitat naturali.
- Aree agricole e pianure: subiscono un forte impatto a causa dell’espansione delle infrastrutture.
- Zone a rischio idrogeologico: nuove costruzioni in aree soggette a frane e alluvioni aumentano i rischi ambientali.
Le regioni con il maggior consumo di suolo sono Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, mentre quelle con il minor impatto sono Molise, Basilicata e Valle d’Aosta.
Quali sono le cause del consumo di suolo
Le principali cause dell’aumento delle superfici artificiali sono:
- Nuove costruzioni e infrastrutture: sviluppo di aree residenziali, industriali e logistiche.
- Espansione dei poli commerciali e produttivi: crescita delle zone industriali e dei centri logistici.
- Sviluppo di impianti energetici: centrali fotovoltaiche ed eoliche su terreni agricoli.
- Crescita della rete infrastrutturale: nuove strade, autostrade e ferrovie.
Spesso la pianificazione territoriale non tiene conto della necessità di riutilizzare aree già urbanizzate o abbandonate (come le ex-aree industriali), contribuendo a un ulteriore spreco di suolo.
L’aumento del consumo di terreno porta a numerose conseguenze negative, tra cui:
- Perdita di servizi ecosistemici. Riduzione della capacità del suolo di assorbire CO₂ e mitigare i cambiamenti climatici, maggior rischio di siccità e desertificazione e diminuzione della fertilità dei terreni agricoli.
- Effetti sul ciclo dell’acqua. Riduzione della capacità di assorbimento delle piogge, con aumento del rischio di alluvioni ed inquinamento delle falde acquifere dovuto all’impermeabilizzazione del suolo.
- Effetto isola di calore urbana. L’aumento delle superfici artificiali provoca temperature più elevate nelle città e duna minore presenza di vegetazione riduce il raffrescamento naturale.
- Frammentazione del territorio e perdita di biodiversità. Le costruzioni interrompono gli habitat naturali, minacciando flora e fauna e la riduzione della connessione ecologica tra aree naturali.
Quali sono le soluzioni per limitare il consumo di suolo
Il rapporto propone diverse soluzioni per ridurre il consumo di suolo, tra cui:
- Legge nazionale sul consumo di suolo: attualmente assente in Italia, sarebbe necessaria per regolamentare le nuove urbanizzazioni.
- Rigenerazione urbana: recuperare edifici e aree dismesse per ridurre la necessità di nuove costruzioni.
- Riqualificazione delle aree degradate: trasformare spazi inutilizzati in parchi o infrastrutture verdi.
- Limitazione dell’uso del suolo agricolo per impianti industriali e fotovoltaici.
- Potenziamento delle infrastrutture verdi nelle città per ridurre l’effetto isola di calore.
- Monitoraggio continuo con strumenti tecnologici avanzati per analizzare l’evoluzione del fenomeno.
Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha incluso investimenti per ridurre il consumo di suolo e promuovere la sostenibilità, ma secondo il rapporto le azioni finora messe in campo non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi europei.
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