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Lavoro in Veneto, 71 crisi affrontate nel 2024: 11mila addetti ancora sospesi


Dal Fondaco dei Tedeschi alla Berco, passando per decine di realtà meno note, sono 71 le crisi aziendali che ha dovuto affrontare l’Unità di crisi della Regione Veneto nel 2024, di cui 43 sono ancora aperte. Sono alcuni dei numeri presentati oggi a Palazzo Balbi dall’assessora al lavoro Valeria Mantovan, che insieme al direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone e al capo progetto dell’unità Giuliano Bascetta, ha presentato i risultati di un anno di attività e le prospettive, a tinte chiaroscure, per un 2025 che si annuncia complesso.

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«Il modello veneto – ha dichiarato Mantovan – rappresenta un unicum nello scenario nazionale. Siamo al centro di profonde trasformazioni a livello globale, in ambito ambientale, digitale, dell’intelligenza artificiale, che comportano cambiamenti nel modo di produrre e commercializzare. Dobbiamo essere capaci di saper interpretare questi cambiamenti e di reagire. Le nostre eccellenze vanno preservate, le nostre imprese difese, i lavoratori aiutati. Grazie alla concertazione tra tutti i soggetti coinvolti saremo in grado di fare fronte alle nuove situazioni, trovando le soluzioni più efficaci».

350 crisi affrontate, su sei si lavora con il Ministero

Dal 2012 ad oggi, da quando cioè è operativa, l’Unità di crisi della Regione Veneto ha gestito 350 tavoli di trattativa, il coinvolgimento diretto di circa 61mila lavoratori. 64 di questi tavoli sono stati gestiti in collaborazione con strutture ministeriali. Di questi, come detto, 71 nel solo 2024, con 14 mila lavoratori coinvolti: 11 mila, in questo 2025, non hanno ancora visto una soluzione. I comparti che hanno presentato più casi aziendali sono quello metalmeccanico, della logistica, tessile e alimentare, su tutto il territorio, e sono state seguite realtà da poche decine di dipendenti fino a stabilimenti da più di 500 addetti. Sei delle crisi che arrivano al 2025 ancora “accese” sono seguite anche dai tavoli ministeriali: Coin, Speedline, Electrolux, Berco, Ceramica Dolomite e Superjet International.

«L’unità di crisi – ha chiarito Giuliano Bascetta – punta a mantenere la continuità produttiva e occupazionale, l’obiettivo di gestire in modo meno traumatico possibile eventuali esuberi è per noi residuale». Si agisce sulla base di segnalazioni, dell’azienda o dei sindacati, e si forniscono strumenti tecnici per consentire un miglioramento della situazione aziendale, quando possibile, o una reindustrializzazione, anche con nuovi investitori. «Realizziamo un modello di gestione che si basa sul coinvolgimento di tutte le parti interessate da una crisi complessa, azienda, parti sindacali e datoriali in primis, per la definizione di soluzioni condivise» ha spiegato Bascetta. Non è semplice, soprattutto in uno scenario globale in evoluzione: il maggiore limite della regione è non avere strumenti cogenti che possano costringere le aziende a tornare sui propri passi, motivo per cui si lavora spesso sulla reputazione e sull’aspetto mediatico. Più volte con successo. 

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«Particolare attenzione, in questo inizio d’anno, è stata rivolta ai settori automotive e moda per i quali ci siamo messi subito al lavoro per prevenire la fase emergenziale» ha spiegato Mantovan. La linea è quella di creare tavoli di filiera specifici in quei settori che appaiono in difficoltà, come accaduto nel 2024 nella filiera della concia e del calzaturiero. 

Il lavoro che cambia: le nuove crisi incipienti

Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro, da parte sua, spiegando i servizi offerti, ha sottolineato come cambiare lavoro  stia diventando sempre più «una caratteristica strutturale del mercato del lavoro, non solo in Veneto, sia essa una scelta volontaria o involontaria da parte del lavoratore. Per questo l’impianto generale delle politiche attive del lavoro va sempre di più nella direzione di garantire a chi rimane escluso dal mercato del lavoro la possibilità di potervi rientrare velocemente, attraverso attività di accompagnamento al lavoro». Il compito dei servizi pubblici per l’impiego è quello di fare il possibile affinché nessuno sia lasciato solo o rimanga indietro e questo vale tanto per i lavoratori di aziende in situazione di crisi quanto per qualsiasi disoccupato, è il punto di Barone.

Le istituzioni hanno fatto sentire la loro vicinanza ai tanti lavoratori ancora coinvolti in tavoli di crisi, o per i quali presto se ne potrebbe aprire uno: è il caso della Lafert di San Donà e Noventa di Piave, oggi in sciopero, per cui la regione non ha escluso l’aiuto dell’unità (locale o, se ci saranno le condizioni, nazionale).



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