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Colleferro, «Io, candidato non eletto nel 2015, ora devo pagare 28 mila euro all’Agenzia delle entrate»


di
Ester Palma

La denuncia del manager Corrado Pompei per un caso simile a quello della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde. «Ma lei almeno è stata eletta e aveva alle spalle un comitato elettorale». L’appello alla premier

Corrado Pompei è un dirigente di una multinazionale tedesca manager, è nato e risiede a Colleferro e nell’ormai lontano 2015 decise, «per pura passione civica», spiega oggi) decise di candidarsi come consigliere comunale nella cittadina tristemente nota per l’omicidio di Willy Monteiro. Non fu eletto e tornò alla sua vita da manager, dimenticando rapidamente la brevissima parentesi «politica». Mai avrebbe pensato, 10 anni dopo di essere protagonista (o vittima) di un nuovo «caso Alessandra Todde»: come la presidente eletta della Regione Sardegna al centro di una battaglia legale sulle sue spese elettorali non rendicontate che potrebbero costarle il posto da governatrice. E invece è successo. Ecco come la spiega Pompei in una lettera inviata al Corriere: «Circa un anno dopo la tornata elettorale in questione, ed esattamente nel luglio 2016, ho ricevuto la notifica, da parte del collegio elettorale della corte di appello di Roma, del documento che viene spedito ad ogni candidato a elezioni politiche, necessario per la certificazione delle spese elettorali sostenute. Purtroppo, essendo in quel periodo destinato ad altra sede lavorativa, non sono riuscito a ritirare tale documento, che è inevitabilmente andato perso nei meandri della burocrazia italiana. A distanza di ben 8 anni, ovvero nel luglio 2024 vedo però comparire nel mio cassetto fiscale dell’Agenzia delle entrate una cartella esattoriale (mai notificata) di ben 25 mila euro». 

«All’inizio ho pensato a una “cartella pazza”»

Pompei pensa all’inizio di essere destinatario di una delle tante «cartelle pazze» che a volte vengono inviate ai contribuenti. Ma quando va alla sede di competenza dell’Agenzia, si sente  rispondere che per avere lumi su tale cartella si sarebbe dovuto rivolgere al collegio elettorale della corte di appello di Roma: «Armatomi nuovamente di santa pazienza, mi reco presso tale ufficio a Roma e mi sento rispondere che la cifra addebitatami non corrisponde ad un errore fiscale ma a una multa giusta secondo il collegio elettorale, in quanto io 8 anni prima non avrei presentato tale documento firmato e compilato correttamente che non ho avuto modo neanche di ritirare». Spiega ancora il mancato consigliere: «Ma per quella mia campagna io non ho speso assolutamente nulla, se non una cifra davvero modica per la stampa di biglietti da visita e ovviamente non ho ricevuto alcun contributo pubblico. E ora dovrei pagare per un documento che non sapevo di dover presentare. Almeno la presidente Todde aveva alle spalle un comitato elettorale, che avrebbe potuto vigilare sulla parte burocratica della sua candidatura, ed è comunque stata eletta». 




















































L’appello a Giorgia Meloni

Mentre la cifra che Pompei deve allo Stato lievita (ora con l’addebito per le spese processuali è già arrivata a 28 mila euro), lui ha deciso di appellarsi alla premier Giorgia Meloni, cui ha scritto nei giorni scorsi: «Colleferro è un piccolo Comune di provincia, dove gli aventi diritti al voto sono poco più che 10 mila cittadini, dove per essere eletti in consiglio comunale spesso sono necessari un centinaio di voti, dove la campagna elettorale viene finanziata esclusivamente dalla propria passione politica fatta di tempo speso e rubato alla propria famiglia ed al proprio lavoro, dove chi si candida, e lei lo sa bene, spera veramente che la piccola goccia dell’oceano di cui fa parte possa contribuire nel suo piccolo a cambiare le cose. Io le uniche spese sostenute le ho fatte di mio pugno stampando i biglietti da visita da consegnare ai miei potenziali elettori e l’unico “finanziamento” ricevuto è stata la riconoscenza delle persone che mi hanno dato fiducia con il loro sostegno. Da tale contesto vedersi comminare una multa così mostruosa non credo sia da Paese democratico né civile». E conclude: «Mi appello pertanto a Lei Illustrissimo Presidente, che tanto si sta adoperando per uno stato più giusto e meno vessatorio nei confronti dei cittadini, che tanto ha già fatto per far percepire lo Stato italiano come non predatorio nei confronti di cittadini onesti che lavorano, pagano onestamente le tasse e rispettano le leggi. Oggi Lei è l’ultima persona rimasta che possa ancora restituirmi la fiducia nel Paese in cui sono nato, in cui tutt’ora vivo e dove ho intenzione di morire, La prego non mi deluda». Ma in ogni caso Pompei, che pure sta pagando un avvocato per venire a capo della vicenda,  è deciso a resistere: «Non voglio cedere a un’ingiustizia così assurda. Voglio e spero che qualcuno si muova. Anche perché il mio caso possa servire a altri cittadini vittime dello stesso meccanismo». 

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21 gennaio 2025 ( modifica il 21 gennaio 2025 | 08:46)



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