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Brexit, il bilancio cinque anni dopo


Il quotidiano Independent offre un’analisi dettagliata dei costi della Brexit un panorama economico e sociale tutt’altro che roseo

brexitGennaio 2025 segna un momento cruciale per riflettere sugli effetti della Brexit. Esattamente cinque anni fa, il 31 gennaio 2020, il Regno Unito usciva ufficialmente dall’Unione Europea, aprendo un periodo di transizione di dodici mesi. Una decisione storica, frutto del referendum del 23 giugno 2016, in cui il 52% dei britannici votò a favore di lasciare l’UE. Ora, il quotidiano Independent offre un’analisi dettagliata dei costi di questa scelta, evidenziando un panorama economico e sociale tutt’altro che roseo.

Brexit: un Impatto Economico Duro

Le cifre parlano chiaro: secondo uno studio della London School of Economics, le esportazioni britanniche verso l’UE hanno subito un calo di 27 miliardi di sterline (circa 32,5 miliardi di euro) solo nel 2022. Questo è stato principalmente dovuto alle nuove regole commerciali introdotte con la Brexit, che hanno colpito settori fondamentali come l’agricoltura, la pesca e l’industria alimentare. Allo stesso tempo, migliaia di piccole e medie imprese, incapaci di sostenere i costi di aprire una sede nell’UE, hanno dovuto interrompere i loro rapporti commerciali con il continente.

Anche le stime a lungo termine sono preoccupanti: il commercio britannico potrebbe ridursi del 15%, un dato confermato dall’ultima legge di bilancio del governo laburista. A ciò si aggiungono i costi diretti della separazione: Londra ha pagato 30,2 miliardi di sterline per uscire tecnicamente dall’UE, mentre il settore della pesca ha subito perdite ingenti, con oltre 118mila tonnellate di pesce non esportate verso l’Europa dal 2019.

La Questione dell’Immigrazione

La gestione dell’immigrazione, uno dei cavalli di battaglia della campagna pro-Brexit, ha prodotto risultati che smentiscono le promesse dei leader brexiter. Dal 2021, con la fine della libera circolazione, sono arrivati nel Regno Unito 3,6 milioni di nuovi immigrati, mentre la migrazione netta ha raggiunto i 2,3 milioni. Tuttavia, sono gli europei a essere diminuiti: oltre 1,2 milioni di cittadini dell’UE hanno lasciato il Regno tra il 2016 e il 2021, scoraggiati dalle nuove normative e dai costi esorbitanti per studio e lavoro.

Questa fuga di manodopera, combinata con un calo di un terzo degli studenti europei nelle università britanniche, ha aggravato la carenza di personale qualificato. Attualmente, si contano più di 800mila posti di lavoro vacanti, specialmente nei settori della ristorazione, dell’ospitalità e dell’industria manifatturiera. Le conseguenze sono visibili nella vita quotidiana, con orari ridotti e servizi peggiorati nei pub e nei ristoranti del Paese.

Una Relazione Complessa con l’Europa

Di fronte a questo scenario, il governo laburista di Sir Keir Starmer ha manifestato l’intenzione di ricostruire un rapporto più stretto con l’UE. Il primo ministro predica un “reset” con Bruxelles, puntando a rimuovere le barriere commerciali, migliorare la cooperazione sulla difesa e affrontare insieme le sfide migratorie. Tuttavia, l’UE pone condizioni chiare, tra cui un accordo favorevole sulla pesca e il ripristino di alcune forme di mobilità giovanile.

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Sebbene il ritorno al programma Erasmus sia improbabile, Bruxelles spinge per garantire ai giovani under 30 la possibilità di vivere, studiare e lavorare per un periodo limitato sia nel Regno Unito sia nell’UE. Questo, però, si scontra con le resistenze del Labour, che teme di alienarsi parte dell’elettorato contrario a una riapertura delle frontiere.

Una Patata Bollente

Starmer, noto per il suo europeismo convinto, si trova quindi a gestire un’eredità politica complessa e divisiva. Mentre l’idea di una Brexit “avvelenata” continua a pesare sulla politica britannica, cresce tra i cittadini il rimpianto per l’addio all’UE. Secondo i sondaggi, sei britannici su dieci ritengono che la Brexit sia stata un fallimento, a fronte di un misero 12% che ne celebra i risultati.

La strada verso un pieno riallineamento con l’Europa appare ancora lunga e irta di ostacoli, ma il Regno Unito non può più ignorare le ferite aperte lasciate dalla Brexit. Il futuro delle relazioni con l’UE dipenderà dalle scelte che il governo sarà disposto a compiere per riavvicinarsi, senza perdere di vista le promesse fatte ai suoi cittadini.

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati



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