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La Siria sta cadendo a pezzi. Quali sono i Paesi dietro il conflitto




ANSA

La Siria di Assad sta sparendo. Sotto i colpi della controffensiva che ha preso di sorpresa Russia e Iran, principali tutori politico- militari del regime di Damasco, i territori che gli “assadisti” avevano riconquistato in anni di guerra brutale, stanno passando di mano mentre le forze governative battono in ritirata.

I ribelli jihadisti filoturchi dopo aver conquistato Hama hanno abbattuto i simboli del regime, liberato i detenuti del carcere cittadino, tra cui numerosi oppositori del regime che finora teneva saldamente in mano la città, dove i miliziani hanno catturato una base di difesa aerea russa con il sistema missilistico S-75 Dvina. La prossima tappa è Homs, l’ultimo bastione prima di Damasco. Migliaia di persone sono in fuga, dirette verso la costa occidentale. La Bbc ha parlato di decine di migliaia di civili le cui auto incolonnate bloccano l’uscita dal centro abitato. Almeno 370mila gli sfollati secondo le agenzie Onu. La conquista di Homs taglierebbe fuori la capitale siriana dalla costa, da sempre controllata dalla minoranza alauita di Assad, dove il regime e suoi alleati russi mantengono una strategica base naDi margini per trattare una resa, Assad non ne ha più molti.

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«Dopo Idlib, Hama e Homs ovviamente l’obiettivo sarà Damasco. La marcia delle forze di opposizione continua. Ci auguriamo che questa avanzata in Siria continui senza incidenti o problemi», ha avvertito il presidente turco Erdogan che dice di avere «lanciato un appello ad Assad» per «determinare insieme il futuro della Siria, ma non abbiamo ricevuto una risposta positiva». Mosca ieri ha ordinato a tutti i suoi cittadini di lasciare la Siria con qualsiasi mezzo: non era mai accaduto in oltre un decennio di guerra siriana.

Negli ultimi 15 anni il sostegno russo per il clan Assad aveva garantito al Cremlino basi militari sul terreno e porti per la propria flotta militare sul Mediterraneo. Mosca accusa l’Ucraina di fornire armi ai ribelli siriani. Equipaggiamento che Kiev avrebbe ricevuto per combattere contro la Russia ma dirotterebbe, sempre in chiave anti-russa, verso la Siria. Ieri fonti ufficiali ucraine hanno sostenuto che Mosca sta dimostrando di non essere in grado di tenere due fronti aperti, in Ucraina e Siria. E Putin potrebbe essere costretto a scegliere se abbandonare Assad. I curdi siriani sostenuti dagli Stati Uniti hanno preso il controllo della località orientale siriana di Deir ez-Zor, mentre la Giordania ha chiuso il suo unico valico di frontiera commerciale e passeggeri. Sul confine, infatti, sono avvenuti scontri tra ribelli e forze governative.

«A causa dei recenti sviluppi, sono aumentati i movimenti dei mercenari dello Stato Islamico nel deserto siriano, nel sud e nell’ovest di Deir ez-Zor e nella campagna di Raqqa», ha dichiarato Mazloum Abdi, capo delle milizie curdo-siriane spinte dagli Usa. La nuova rivolta contro il regime sta contagiando anche aree lontane dagli attacchi dei ribelli. Come a Daraa, culla della fallita rivoluzione del 2011, dove vengono segnalati assalti contro i governativi. Gli spostamenti sul terreno suggeriscono una pianificazione sincronizzata tra le varie fazioni anti-Assad, supportate prevalentemente da Turchia e Usa. Per Washington scalzare il regime siriano vuol dire anche colpire Putin e Teheran. Per Erdogan, allargare la sfera di influenza turca in tutto il Medio Oriente. Ieri le forze leali al presidente siriano si sono ritirate dalle linee lungo l’Eufrate, tradizionalmente tenute sotto controllo per favorire l’afflusso di rinforzi filoiraniani attraverso l’Iraq.

Diversi media internazionali sostengono che oramai la Siria di Assad debba fare i conti con la prospettiva di “balcanizzazione” del Paese, da tempo diviso sotto sfere di influenza straniere, ma che presto potrebbe fare i conti con una nuova suddivisione. Teheran prova a salvare il salvabile. Da tempo gli ayatollah lavoravano a un piano per aprire un corridoio dall’Iran al Mediterraneo, dove già si trovano le basi dell’alleato russo. Nel disperato tentativo di salvare quantomeno Damasco, i pasdaran invieranno missili, droni e altri “consiglieri”, ha dichiarato un alto funzionario iraniano. Notizie che vengono prese in esame dalle cancellerie internazionali che vedono nel conflitto in Siria il potenziale innesco per una crisi ampia e duratura, ma anche l’opportunità per ridisegnare quadranti che vanno dall’Ucraina al Medio Oriente. Come lasciando intendere fonti da Washington, assegnando a Joe BIden la compartecipazione al piano turco, forse uno degli ultimi colpi del presidente uscente, prima di lasciare a Trump un mondo che si sta ridisegnando.





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