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Overtourism, Dolomiti invase: l’appello della Fondazione Unesco – Cronaca




TRENTO – La rappresentazione plastica del fenomeno e dell’intreccio di concause si è avuta una settimana fa con le incredibili scene di Roccaraso, località montana dell’Abruzzo, preso d’assalto dai turisti dei pacchetti low-cost, al punto da rendere invibili alcune aree del paese, con masse di persone accalcate e code infinite di pullman sulla statale. Scatta addirittura una seduta d’urgenza del comitato per l’ordine pubblico e ne seguiranno limitazioni al traffico e divieti.

Questo tipo di emergenza è il frutto avvelenato del mix di scarsa consapevolezza da parte dei turisti (che non adattano i comportamenti all’ambiente montano), di offerte di viaggio mordi e fuggi a prezzi stracciati, di esibizioni spesso di cattivo gusto ma “efficaci” sui social.

Ma è anche il risultato di decenni di promozione turistica “da cartolina”, che ha finito col trasmettere, almeno in parte, un’immagine da villaggio vacanze anche delle terre alte.

Un problema serio per gli ambienti montani, territori particolarmente delicati nei quali è fondamentale preservare l’equilibrio fra natura e presenze turistiche. Certo, in troppi casi questo equilibrio si era rotto già nei decenni scorsi, fra discoteche d’alta quota après-ski e varie forme di dannosa intrusione umana estiva o invernale.

Ultimamente, però, complici i social, la questione si sta facendo sempre più pressante, alcune aree, anche sulle Dolomiti, subiscono una pressione crescente, i sentieri diventano parchi giochi affollati o processioni laiche. I luoghi più celebri sono sempre più presi d’assalto (esemplare il caso delle Tre Cime di lavaredo, ora al centro di una discussione su quali limitazioni introdurre per evitare la calca estiva).

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I bivacchi, descritti in innumerevoli video, perdono la loro reale funzione di riparo d’emergenza e vengono usati come un cottage per ritrovi tra amici. Le mountain bike elettriche di massa, in qualche caso, stanno già diventando troppo invasive su strade forestali o sentieri da action cam.

Ora, a lanciare un chiaro allarme e a proporre soluzioni è anche la fondazione Dolomiti Unesco, che ha appena pubblicato il documento finale dei lavori del Tavolo sulla comunicazione.

Ci si propone, fra l’altro, di «interagire con gli organi politico istituzionali dei territori al fine di introdurre norme, regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi e i principi indicati, nonché introdurre forme di monitoraggio»

Si tratta di un nuovo monito sui rischi che una malintesa comunicazione turistica rappresenta per la montagna, un ecosistema fragile e da rispettare. Lo ha elaborato la Rete della Promozione del turismo sostenibile della fondazione, coordinata dalla Provincia di Belluno: un gruppo di lavoro ha valutato le problematiche connesse alla comunicazione a fini promozionali del territorio interessato dal riconoscimento a patrimonio dell’umanità Unesco.

Il tavolo di lavoro, spiega la Fondazione, è stato coordinato dal professor Umberto Martini, docente di economia e management all’Università di Trento. Vi hanno partecipato delegati dalle Province e dalle Regioni che racchiudono i nove sistemi dolomitici e i membri delle agenzie di promozione territoriale, vale a dire DMO Dolomiti Bellunesi, Trentino Marketing, IDM Südtirol e Promoturismo FVG.

Gli incontri sono stato modulati, anche sulla base dei risultati del Periodic Report 2023, su quattro temi: valori del Patrimonio e senso del limite, gestione dei flussi e problema dell’overturism, crisi climatica e impatto sulla fruizione del territorio, prudenza e consapevolezza del visitatore.

«Il documento finale – spiega la Fondazione – parte da alcuni assunti, così riassumibili: il modo in cui si comunica la montagna ha un impatto importante nell’indurre comportamenti potenzialmente scorretti o pericolosi; i social media hanno enfatizzato questa problematica, alimentando visioni incoerenti con i valori del Patrimonio Mondiale; i flussi creati da influencer, youtuber, blogger o da semplici utenti non sono naturalmente controllabili e occorre concentrarsi prima di tutto sui soggetti che operano sul territorio; la frequentazione della montagna è cambiata sia per quantità che per qualità e serve agire non solo sulla comunicazione ma anche sul piano delle regole, dell’informazione e della cultura».

Sul fronte delle azioni da intraprendere, il documento invita a «orientare la comunicazione al rispetto dei valori del patrimonio mondiale, a un riequilibrio dei flussi turistici, a una maggiore considerazione del cambiamento climatico e del suo impatto sulla frequentazione della montagna (carenza idrica, fenomeni intensi, dissesti idrogeologici, fusione dei ghiacciai), a una maggiore prudenza che nasce dalla consapevolezza dei propri limiti e di quelli del contesto ambientale».

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Otto le azioni concrete individuate e sulle quali, dunque, tutti i soggetti istituzionali (e non) dovrebbero impegnarsi: «La diffusione dei contenuti del documento; la creazione di contenuti coerenti; la diffusione di una rinnovata cultura della montagna a partire dalle scuole,  in collaborazione ad esempio, con il Cai, il Soccorso alpino e varie agenzie formative; la collaborazione con gli organi di informazione; comunicare i valori naturalistici, paesaggistici e culturali del Patrimonio, evitando di evidenziare esclusivamente la “bellezza” dei luoghi, per non rischiare di banalizzarla; promuovere il dialogo con i diversi attori del territorio, anche per introdurre regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi; in caso di collaborazione con influencer, blogger e youtuber, favorire la diffusione di contenuti coerenti con i principi esposti nel documento». Z. S.





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