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Il lungo doppio mandato di Mattarella e il geriatrismo politico


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L’undicesimo anno di presidenza di Sergio Mattarella segna un’anomalia senza precedenti nella storia della Repubblica Italiana. Il suo doppio mandato, destinato a concludersi nel 2029, lo porterà a rimanere al Quirinale per ben 14 anni consecutivi, un periodo di tempo che solleva inevitabili interrogativi sulla capacità del sistema politico italiano di garantire un naturale e fisiologico ricambio della classe dirigente.

Il lungo doppio mandato di Mattarella, un’anomalia politica

La situazione attuale non è il frutto di una scelta personale di Mattarella, quanto piuttosto di un’incapacità strutturale della classe politica di individuare e convergere su una nuova figura in grado di assumere la massima carica dello Stato.

Il fallimento del Parlamento nel trovare un successore nel 2022, quando tutti i partiti politici non riuscirono a convergere su un candidato condiviso dopo numerose votazioni, ha portato alla sua rielezione. Nonostante avesse inizialmente escluso un secondo mandato, Sergio Mattarella accettò di proseguire per garantire stabilità istituzionale.

Fu rieletto con 759 voti su 1.009, diventando il secondo presidente nella storia repubblicana a ottenere un doppio mandato consecutivo, dopo Giorgio Napolitano, anch’egli rieletto in identità modalità d’emergenza nell’Aprile 2013, che però si dimise meno di due anni dopo.

La Costituzione non vieta esplicitamente la rielezione del Presidente della Repubblica, ma politicamente è ritenuta inopportuna. Il mandato presidenziale, il più lungo tra le cariche istituzionali, concentra poteri di mediazione e influenza per un periodo pari a tre legislature, rendendo necessario evitare un eccessivo accentramento.

Le procedure di elezione del Presidente sono pensate per impedire un legame politico diretto con il Parlamento e garantire la sua imparzialità. La possibilità di un secondo mandato potrebbe minare questa neutralità, spingendo il Presidente, soprattutto a fine mandato, a cercare consensi per la rielezione anziché esercitare un ruolo di garanzia super partes.

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Questo rischio di condizionamento politico ha portato alla formazione di una consuetudine repubblicana che sconsiglia la rielezione, come sottolineò Carlo Azeglio Ciampi rifiutando un secondo incarico al Quirinale.

Nel caso di Mattarella, la straordinaria lunghezza del suo incarico pone un problema di equilibrio istituzionale: il ruolo del Presidente della Repubblica, nato come garante super partes, rischia di diventare un elemento di cristallizzazione politica in un panorama già segnato da difficoltà di rinnovamento.

A ben vedere l’ex Dc sarà ancora presidente due anni dopo la fine della legislatura avviata nel 2022 e dopo l’uscita definitiva di scena di Donald Trump, prevista per novembre 2028. Fino ad arrivare a poche settimane prima della conclusione del Parlamento Europeo eletto nel 2024.

Il ruolo dei media e della percezione pubblica

La costante presenza di Mattarella nei telegiornali italiani contribuisce a rafforzare l’impressione di una presidenza onnipresente e insostituibile.

Ogni sua dichiarazione viene riportata con grande enfasi, trasformandolo in una sorta di punto di riferimento stabile in un Paese caratterizzato da frequenti turbolenze politiche.

Questa visibilità continua accentua l’idea di un sistema chiuso e incapace di evolversi. In questo contesto, la presenza di Mattarella è percepita come una soluzione di emergenza per evitare uno stallo istituzionale.

Ma anche come garanzia di stabilità, un valore che in politica vuol dire semplicemente la difesa dello status quo, il mantenimento di un sistema, per quanto iniquo o fallace possa apparire.

Risuonano ancora nelle orecchia, a conferma di ciò, gli scroscianti applausi bipartisan del Febbraio 2022, durante il giuramento bis del presidente.

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Se Mattarella avesse fatto il suo discorso altrove, forse il contrasto tra i suoi buoni propositi e la realtà non sarebbe sembrato così vasto e stridente.

Il presidente che parlava di medici, povertà, precarietà, morti di lavoro, diseguaglianze sociali, riceveva la standing ovation da quei parlamentari che avevano votato i tagli alla sanità pubblica, il Jobsact, la Buona Scuola, le privatizzazioni, la deregulation dei controlli sulla salute e sulla sicurezza; gli stessi parlamentari che facevano la ola erano gli stessi che hanno sempre rifiutato con sdegno ogni tassazione dei ricchi?

Il geriatrismo politico: una tendenza globale

La longevità del mandato di Mattarella si inserisce in un contesto internazionale più ampio caratterizzato dal cosiddetto “geriatrismo politico”. Il recente scontro tra ottuagenari per la presidenza americana ne è un esempio lampante.

Solo il ritiro dell’ultimo minuto di uno dei candidati per manifesta inadeguatezza psico-fisica ha evitato che gli Stati Uniti si trovassero nuovamente a scegliere tra due leader ultraottantenni.

Il problema, tuttavia, non riguarda soltanto l’età anagrafica, ma la difficoltà di rinnovare le classi dirigenti con figure legate al proprio tempo, capaci di interpretare le sfide del presente con una visione proiettata al futuro.

Se da un lato l’esperienza è un valore, dall’altro l’accumulo di potere nelle mani di figure sempre più anziane può tradursi in un blocco decisionale che ostacola il dinamismo delle istituzioni democratiche.

Dunque, restano alcuni interrogativi fondamentali: quali sono i limiti della democrazia italiana nel garantire il ricambio della classe dirigente? Il doppio mandato presidenziale potrebbe diventare una prassi, compromettendo l’alternanza istituzionale? Quale impatto ha un presidente così longevo sulla percezione della politica da parte dei cittadini?

Al momento però, sembra che il dramma dei Ferragnez occupi lo spazio di riflessione pubblico dunque aspettiamo tempi migliori per ulteriori considerazioni. Tanto fino alla fine del mandato del Presidente di tempo ce n’è…

 

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