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Coltiva Padova conosce Camilla: a Bologna un modello di consumo responsabile


Coltiva Padova
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Il 14 gennaio alcuni rappresentanti di Coltiva Padova sono stati a Bologna per visitare l’emporio di comunità autogestito Camilla, nato nel 2018 nella cornice dell’omonima cooperativa di consumo. Questo luogo rappresenta un modello innovativo di consumo responsabile, basato sulla partecipazione attiva dei soci e sulla costruzione di relazioni con i produttori. La visita si è estesa ad altre due realtà strettamente legate alla cooperativa: la rete di produttori e cittadini Campi Aperti e il laboratorio artigianale di cucina Pasto Nomade.

Conoscere queste realtà virtuose non è solo un’occasione di scambio e apprendimento, rappresenta anche un passo avanti per lo sviluppo di una politica alimentare integrata, innovativa e attenta ai bisogni locali nella città di Padova. Capire come queste realtà si organizzano, quali sono le loro difficoltà e quali le strategie adottate per superarle permette di immaginare un percorso simile anche altrove.

L’emporio e la scelta dei prodotti per il chilometro di relazione

Nella gelida mattina del 14 gennaio, alcuni dei soci fondatori di Camilla hanno accolto i ragazzi di Coltiva Padova nella loro bottega. Qui ogni prodotto racconta una storia e riflette un grande impegno per la sostenibilità sociale e ambientale: dal reparto sfusi, che riduce gli sprechi di imballaggi, ai prodotti provenienti dalle carceri, fino ai cibi realizzati da cooperative che operano su terre confiscate alle mafie. Perfino la buzzonaglia di tonno, spesso scartata nella grande distribuzione, trova qui il suo spazio sugli scaffali, in un’ottica di recupero e valorizzazione.
Al reparto dell’ortofrutta vi sono la frutta e la verdura dei contadini della rete di Campi Aperti, integrati da quelle biologiche di El Tamiso, la cooperativa agricola padovana, partner di Coltiva Padova.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, Camilla non segue il classico concetto di “chilometro zero”, bensì quello di “chilometro di relazione”, come lo chiamano i soci. Questo significa che la provenienza geografica dei prodotti non è il criterio prioritario, ma si privilegiano le relazioni dirette con i produttori, il rispetto dei loro diritti e delle condizioni lavorative. Il modus operandi di Camilla è supportare i produttori garantendo loro un equo reddito e sempre avendo un occhio di riguardo verso i soci consumatori, calibrando i prezzi dei prodotti di prima necessità con quelli meno essenziali attraverso la modulazione dei ricarichi dei prezzi ed offrendo una diversificazione di prezzi. 

Un progetto che vive grazie alla comunità

Nata dall’unione del gruppo di acquisto solidale Alchemilla e la rete di Campi Aperti, Camilla sorge “da una spinta dal basso, dalla motivazione, dal coinvolgimento e dalle relazioni strette che esistevano tra i membri del gruppo d’acquisto”, per usare le parole dei soci. Tutt’ora il segreto del mantenimento, ma anche il tallone d’Achille, è il coinvolgimento attivo dei soci nel mandare avanti la baracca. Infatti per far parte di Camilla e quindi poter acquistare i prodotti dell’emporio, ogni socio, oltre a versare una quota associativa, deve mettere a disposizione circa tre ore al mese a mansioni fondamentali come la gestione del magazzino, della cassa, la cura e distribuzione del prodotto fresco, le attività a supporto dell’emporio.

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Risulta che tra più di 700 soci iscritti, meno della metà partecipa attivamente. Ancora una volta torna il concetto di relazione. Molte energie, ci sottolineano i soci, vanno spese nel coltivare le relazioni armoniose tra i soci e far sentire ognuno parte della comunità. Oltre alla gestione dell’emporio, Camilla organizza eventi di sensibilizzazione, festival e incontri nelle scuole per promuovere un’alimentazione etica e consapevole. L’obiettivo non è solo vendere prodotti sostenibili, ma costruire una cultura del cibo basata sulla responsabilità e sulla condivisione.

Pasto Nomade e Campi Aperti: la forza della rete

Dopo la visita all’emporio, il gruppo di Coltiva Padova ha pranzato da Pasto Nomade, un laboratorio di cucina vegetale che con Camilla condivide fornitori, valori e iniziative culturali.
Nel pomeriggio invece, tappa obbligata al mercato settimanale di Campi Aperti, dove due produttori hanno raccontato la storia di questa rete che da oltre vent’anni si impegna per la sovranità alimentare.

Qui, le decisioni vengono prese con il metodo del consenso tra produttori e co-produttori, creando un modello economico equo e accessibile. Questa dimensione orizzontale, in cui chi produce e chi consuma collaborano attivamente per definire prezzi e scelte di distribuzione, rappresenta una pratica estremamente interessante per chi sogna un sistema alimentare più equo e sostenibile, in connessione con la comunità e a sostegno della cultura alimentare locale.

E ora, Padova?

Per il progetto Coltiva Padova, questa esperienza ha indubbiamente offerto dei modelli da cui trarre ispirazione e una ricca mescolanza di persone, spazi, beni con cui entrare in sinergia per andare verso gli stessi obiettivi di coltivare una coscienza alimentare e di promuovere un’economia che rispetti l’ambiente e le persone. Cosa di questo modello si può adattare a Padova? Come coinvolgere la comunità locale in una politica alimentare più responsabile e critica?

Leggi anche "Padova guarda al futuro e discute di suolo sano e cibo sostenibile"

Il percorso è ancora lungo e ci sono molte domande aperte, ma il progetto continua: altre visite-studio sono in programma, e presto prenderà il via un laboratorio di co-design per immaginare soluzioni concrete alle sfide individuate nel workshop di novembre.



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