Tra querele solo annunciate e diffide, abbiamo sentito 4 direttori di testata, il sindacato e una giornalista d’inchiesta. Prima parte di un’inchiesta sul fenomeno delle SLAPP in Trentino
“Per come queste querele sono state scritte, penso abbiano un’unica motivazione: cercare di fermare la penna. Sono talmente cialtrone che hanno la sconfitta in sé, ma il loro intento è mandare un messaggio, incutere paura alla controparte”. C’è lucidità e acume nelle parole del direttore del giornale online il Dolomiti, Luca Pianesi, che nell’analizzare la scarsa qualità lessicale delle azioni temerarie subite in questi anni – tutte concluse con l’archiviazione e mai arrivate a processo – ce ne fornisce una definizione in linea con quella di SLAPP, Strategic Lawsuit Against Public Participation.
Anche nei casi rievocati da Pianesi infatti, ci sono una strategia molesta, un uso disinvolto del sistema giudiziario, un intento intimidatorio, nonché la pretesa di zittire il dibattito. Come le SLAPPs, anche le 7 querele e le varie diffide ricevute da Pianesi negli ultimi otto anni (il Dolomiti è online da dicembre 2016) hanno mostrato obiettivi molto meno nobili della difesa del buon nome di chi sosteneva di sentirsi danneggiato dalla testata: “All’inizio subivamo molte più pressioni, telefonate, lettere, ma ormai ho il pelo sullo stomaco. Nel 2022 ad esempio ho ricevuto 4 querele e 2 diffide, in pratica ogni due mesi mi arrivava un foglio verde a casa (la notifica di un atto giudiziario o una raccomandata, N.d.R.). Eppure non sono mai finito a processo”.
Il mondo sommerso: numeri ignoti e percezioni diverse
Mentre di querele e azioni temerarie si sente parlare relativamente poco in Trentino, il merito di Luca Pianesi è stato quello di aver toccato pubblicamente l’argomento, raccontando di una querela subita e poi archiviata.
In un editoriale del 21 novembre scorso, Pianesi ripercorreva gli oltre due anni intercorsi tra quando gli venne notificata la querela di una senatrice e quando il giudice per le indagini preliminari decise l’archiviazione, dopo che la senatrice si era opposta ad analoga decisione del pubblico ministero: “A noi, che siamo rimasti appesi a questa vicenda per 2 anni, non resta che scrivere. Raccontare quanto è successo”, si leggeva in quel suo scritto.
“Ma per una di cui si parla, ce ne sono altre 15 che uno affronta – ci dice Pianesi, che incontriamo in redazione a Trento –. C’è un mondo sommerso che un giornalista, un direttore di testata, sostiene sulle proprie spalle, con la famiglia, coi colleghi”.
Di questo “mondo sommerso” non si conoscono purtroppo le dimensioni. I giornalisti qui non ne parlano volentieri al di fuori dell’ambiente, e se interpellati tendono a sminuire la portata del fenomeno, come se la quantità di cause fosse un indicatore di cattiva qualità del giornalismo: le querele – persino quelle avanzate da soggetti in malafede – sembrano ancora considerate un’onta professionale, e ogni archiviazione è vissuta in silenzio, tirando magari un sospiro di sollievo ma senza celebrazioni.
Lo sembra confermare il direttore del quotidiano l’Adige, Pierluigi Depentori, da due anni alla guida del giornale più longevo della provincia, che afferma di non esser ancora finito “in tribunale per delle cause intentate durante il periodo della mia direzione”, visto che “nella maggior parte dei casi ci arrivano minacce di querela” (tipologia che in ogni caso rientrerebbe in una strategia intimidatoria).
Secondo Depentori, per tutelarsi i giornalisti devono aggiornarsi su norme e meccanismi giuridici: “Per tenere aggiornati i colleghi, ho in programma di ripetere il corso di formazione con l’avvocato che ci assiste nelle cause”. Ma di fronte a soggetti che agiscono “con mala fede e colpa grave”, come recita l’articolo 96 del codice di procedura civile che sanziona la lite temeraria, non c’è formazione che tenga: anche il giornalista più attento e rispettoso può essere vittima di una causa pretestuosa.
In Trentino, la situazione pare in linea con il resto d’Italia: abbiamo sentito 4 direttori di testata (Pierluigi Depentori de l’Adige, Luca Pianesi de il Dolomiti, Simone Casalini de il T Quotidiano, Ettore Paris del mensile Questotrentino) oltre alla giornalista Laura Mezzanotte, e tutti, con sfumature diverse, riferiscono di un rischio professionale che mette alla prova la serenità del
lavoro, confermano l’abbondanza per lo meno delle diffide e anche in assenza di grandi numeri prendono molto sul serio il potere intimidatorio di ogni singola querela o richiesta di risarcimento danni.
Ce lo ribadisce il direttore del mensile d’inchiesta Questotrentino, Ettore Paris che, pur godendo sin dagli esordi negli anni Ottanta dell’assistenza gratuita di diversi avvocati, ricorda molto bene il clima teso in redazione, ogni volta, anche se poi subentra l’archiviazione o l’assoluzione: vuoi per la richiesta danni da 800 milioni di lire di un costruttore o per i 5
0mila euro chiestida un parlamentare, vuoi per la querela dell’amministratore delegato di una cantina o per la causa intentata dal figlio di Licio Gelli. “Non contano tanto i numeri, l’intimidazione c’è sempre”.
Più serena la percezione al sindacato, da dove Rocco Cerone, riconfermato segretario regionale della Federazione Nazionale della Stampa per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, ci fa sapere: “Pur essendo allarmante il fenomeno a livello nazionale, su base regionale non sembra essere così grave: almeno non risultano allo stato così tante segnalazioni come nel resto d’Italia”.
Le querele promesse e le diffide
Se ad essere in qualche modo “sommerse” sono le cause di cui non si parla, ad essere del tutto impossibili da stimare sono i numeri relativi da un lato alle querele solo minacciate e poi non portate avanti; dall’altro alle diffide, a quelle mail, certificate o meno, a quelle raccomandate o anche solo telefonate che, nella sintesi di Pianesi, dicono: “Non parlate di me, altrimenti vi querelo”.
Si tratta di un fenomeno tutt’altro che marginale nella galassia delle intimidazioni “legali” e delle forzature del sistema giuridico, un fenomeno che qualche anno fa la Fondazione Otto Brenner di Francoforte in collaborazione con la Gesellschaft für Freiheitsrechte e.V. (GFF) di Berlino ha analizzato nel volume “Wenn Sie das schreiben, verklage ich Sie!”. Studie zu präventiven Anwaltsstrategien gegenüber Medien (“Se lo scrivete, vi querelo!”. Studio sulle strategie preventive degli avvocati ai danni dei media).
Secondo la ricerca, condotta nel 2018 consultando banche dati e intervistando 40 giornalisti e 20 avvocati in Germania, ogni testata riceve in media almeno 3 diffide al mese. “Queste strategie preventive, sempre più numerose, hanno sempre più lo scopo di bloccare la pubblicazione di un articolo o di influenzare la percezione pubblica sull’argomento”.
L’interferenza nel giornalismo, e quindi nel diritto dei cittadini ad essere informati, è in questo modo lampante, ma nota a pochi, visto che è affidata alla corrispondenza solitamente riservata tra soggetto esterno ed editore, o direttore di testata. Ma il fenomeno, come confermano tutti in Trentino, è alquanto diffuso.
Di una diffida vera e propria invece, con protagonista uno dei vertici dell’Autostrada del Brennero, si ricorda molto bene Luca Pianesi: “Quella volta per fortuna non eravamo i soli ad essere stati diffidati, c’erano anche i nostri concorrenti del quotidiano l’Adige. E questo ci ha permesso di elaborare una strategia comune e di non avere paura”.
Avere alle spalle un ufficio legale che assiste la testata senza che le spese ricadano sui singoli giornalisti è ovviamente la ricetta per la serenità. “Per noi che siamo una cooperativa – spiega ancora il direttore de il Dolomiti – le spese legali sono un peso non indifferente. Se si arriva a processo e a un’assoluzione, il querelante può essere condannato a pagare anche le nostre spese. Ma quando c’è l’archiviazione, l’avvocato dobbiamo pagarcelo per intero, come quei due anni con la senatrice che mi sono costati 2000 euro”.
Un caso particolare riguarda una querela solo annunciata da parte dell’onorevole Vittorio Sgarbi, presidente del Mart, il museo di arte contemporanea di Rovereto e Trento. Lo conferma Simone Casalini, direttore de il T Quotidiano, che ricorda una mail ricevuta dal suo editore: il presidente del Mart contestava dei dati pubblicati dal quotidiano e si diceva “costretto a sporgere querela”. Cosa che poi invece non è successa.
“Il messaggio è sempre lo stesso: ti faccio capire che ti posso querelare, ma se stai buono non te la faccio”, spiega Casalini, ricordando come in questi casi un editore “forte”, solidale con la redazione e non disposto a piegarsi, sia di fondamentale importanza. “In questo dialogo tra redazione ed editore si gioca gran parte della partita”, argomenta Casalini.
Questo articolo è stato prodotto da OBC Transeuropa all’interno del progetto Media Freedom Rapid Response (MFRR), un meccanismo a livello europeo che traccia, monitora e risponde alle violazioni della libertà di stampa e dei media negli Stati membri dell’UE e nei Paesi candidati.
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