La nostra Costituzione prevede che i partiti si presentino alle elezioni e che, a seconda dei voti ricevuti, governino o stiano all’opposizione (articolo 49: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale). Oltre ai partiti, in altri paesi esistono altre forme di determinazione della politica nazionale, prima di tutto le lobby (si dovrebbe dire lobbies, ma se una parola inglese diventa di uso comune non va messa al plurale: ho visto molti bei film, non films), entità che tentano di influenzare le decisioni dei politici, a favore degli interessi che rappresentano. Nel Parlamento europeo sono presenti e le loro attività sono regolamentate, come avviene anche in altri paesi, in Italia no: non ci sono leggi e regolamenti e tutto è opaco.
Le Organizzazioni Non Governative (ONG) che promuovono politiche di sostenibilità e difesa della natura possono avere accesso a finanziamenti europei, ad esempio con i progetti LIFE che mirano ad aumentare la sensibilità pubblica nei confronti delle questioni ambientali. L’Unione Europea, ad esempio, promuove l’alfabetizzazione marina, visto l’analfabetismo diffuso su questioni che riguardano il mare. Molte ong impegnate nella difesa dell’ambiente, quindi, partecipano a progetti che finanziano il loro lavoro di sensibilizzazione del pubblico e, anche, dei politici.
Ed ecco apparire articoli sulla stampa che diffondo l’idea che la Commissione finanzi le lobby green per influenzare i politici. E alla fine si genera la percezione che dietro al Green Deal e a tutte le politiche di sostenibilità ci siano oscure manovre di lobbisti che agiscono nell’ombra, sostenute dalla Commissione, peraltro. Chiamare lobby queste ong le equipara a ben altre lobby.
Parlo delle lobby dei produttori di petrolio, che ostacolano le politiche di decarbonizzazione perché si continui a usare il fossile, delle industrie che costruiscono armi, spesso associate a industrie che lavorano nel campo nucleare, come la nostra Leonardo, o, ancora, dei produttori di pesticidi, come Bayer-Monsanto, che vogliono che i loro prodotti continuino ad essere sparsi sulle coltivazioni. Poi ci sono le lobby più diffuse, come quelle di chi adotta modalità di pesca distruttiva, o chi riempie di plastica gli oceani, per non parlare dei balneari. C’è anche la lobby degli evasori fiscali.
Queste lobby non avrebbero mai accesso ai fondi europei, e non ne hanno bisogno perché molte dispongono di enormi risorse finanziarie. Possono comprarsi i politici, magari ingaggiandoli per cicli di conferenze strapagate, per poi impiegarli anche come agenti disturbatori di politiche che mirano alla decarbonizzazione. Non è corruzione, ci mancherebbe! Giuseppe Conte torna con 209 miliardi per attuare la transizione ecologica? Facciamolo cadere. E poi facciamo un governo con un ministero della Transizione ecologica il cui ministro, poi, va a dirigere una fabbrica di armi e di impianti nucleari. Tutto secondo le regole, tutto dichiarato. Come sono secondo le regole, e dichiarati, i fondi LIFE. Le finalità di queste azioni sono ben diverse, però.
I lobbisti green non fanno gli interessi di potentati economici e mirano, a volte goffamente e ingenuamente, lo concedo, all’attuazione di politiche a favore dell’ambiente e, quindi, della società e dell’economia: sistemi di produzione e consumo insostenibili ecologicamente presto diventano insostenibili anche socialmente ed economicamente, visti i costi sociali ed economici che comportano. I lobbisti delle industrie che producono armi, pesticidi, tecnologie nucleari, e di ogni altro tipo di impresa che mina l’integrità ambientale, sociale ed economica, fanno esclusivamente gli interessi di chi li paga.
Il capolavoro mediatico dei lobbisti veri, quelli delle industrie miliardarie, è di aver generato l’impressione che, dietro alle politiche di sostenibilità , ci siano lobby green che mirano a interessi che nulla hanno a che fare con il bene comune. I lobbisti veri accusano i fautori della sostenibilità dei loro stessi misfatti, e le politiche verdi sono spacciate come il prodotto delle lobby green.
Come membro del network europeo di eccellenza su Biodiversità Marina e Funzionamento degli Ecosistemi ho ricevuto un finanziamento europeo. La Commissione ha utilizzato le risultanze del nostro lavoro per sviluppare le sue politiche e siamo andati a Bruxelles a parlare con politici e funzionari, esponendo i nostri risultati e dando consigli su quali legislazioni sarebbe stato opportuno promuovere. Ho fatto la stessa cosa con la Mission Healthy Oceans, Seas Coastal and Inland Waters, e altri progetti. Tra i risultati di queste azioni, finanziate dalla Commissione, ci sono la Marine Strategy Framework Directive e la Nature Restoration Law.
E quindi sì, la Commissione mi ha pagato per permettermi di influenzare scelte politiche: sono un lobbista, pagato dalla Commissione! Ho fatto anche molte conferenze su queste cose. Gratis. Nessuno si è mai sognato di offrirmi 80.000 euro a conferenza. Perché non ci sono entità plurimiliardarie che hanno interesse a quel che faccio io. Quelli che offrono queste cifre sono petrolieri, produttori di armi, pesticidi e altre bazzecole del genere. A loro interessa molto che per il pubblico siamo tutti lobbisti e che uno valga l’altro. Proprio come i partiti: tanto sono tutti uguali.
La sfiducia nella possibilità di cambiare qualcosa è la migliore arma per far sì che nulla cambi, e che la disonestà non sia così disonorevole: sono tutti disonesti! Con questi ragionamenti si potrebbe arrivare all’assurdo di riabilitare persone condannate in via definitiva, tipo Craxi e Berlusconi.
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