Tra i dialoghi nella città, organizzati in occasione del Giubileo della Comunicazione, all’Augustinianum decine di operatori dell’informazione da tutto il mondo hanno potuto interagire con i giornalisti che stamani hanno testimoniato in Vaticano. L’invito è stato ancora quello di illuminare la speranza, resistere alle forme di corruzione in aumento nel settore dei media, costruire alleanze più forti tra giornalisti, istituzioni e lettori, avere fiducia nella verità
Antonella Palermo – Città del Vaticano
È stato il momento dell’interazione, dello scambio, una sorta di proseguimento dell’incontro culturale che c’è stato questa mattina in Aula Paolo VI prima dell’arrivo di Papa Francesco a sugellare il Giubileo del mondo della Comunicazione. Ha avuto luogo nell’auditorium dell’Augustinianum ed è stato organizzato dal Dicastero per la Comunicazione. Moderato dal prefetto Paolo Ruffini, ha visto infatti la partecipazione degli stessi ospiti invitati a parlare di comunicazione e speranza in Vaticano, dopo il passaggio della Porta Santa: il giornalista e scrittore Mario Calabresi, la giornalista filippina Maria Ressa, Nobel per la Pace nel 2021, e Colum McCann, scrittore irlandese di fama internazionale. È stata una occasione in più per farsi illuminare e illuminare alcuni passaggi fondamentali del discorso consegnato dal Papa oggi e portare dall’assemblea esperienze e sfide comunicative da tutto il mondo.
Giornalismo come antidoto alla tirannia del potere
Bisogna farsi delle domande e fare anche un po’ fatica per farsi un’opinione. Ci vuole tempo ma è una buona via. Così ha esordito Calabresi, che è tornato a sottolineare l’approccio più utile e necessario di fronte al pericolo costante delle fake news e ha ripetuto come, nel racconto mass-mediatico attuale, si enfatizzano gli aspetti negativi perché “prendono di più la pancia di chi ascolta”. Dimenticando tutto il resto, si toglie una parte imprescindibile. “Smettete di sorvegliarci in cambio di profitti economici. Basta con questa sorveglianza da parte dei giganti della rete. Fermate il pregiudizio codificato”: è il ‘mantra’ che non ha fatto mancare anche in questa sede questa donna dal sorriso gentile e dalla tenacia di ferro. “Il giornalismo vero è un antidoto alla tirannia. Non mettete il tasto muto ai giornalisti”, ha detto. E ha fatto l’esempio di chi in Georgia sta manifestando con lo sciopero della fame per ottenere libertà di espressione.
Ripetere ciò che è vero, continuamente
Colum McCann ha raccontato un aneddoto al centro del suo nuovo libro Una Madre, ovvero la vicenda del giovane giornalista James Foley, ucciso nel 2014 in Siria, decapitato dall’Isis. Quando l’assassino e torturatore fu portato in tribunale, ha rammentato, la mamma di Foley, che proprio lo scrittore ebbe il privilegio di accompagnare, disse che voleva parlare con lui e alla fine lo perdonò. “Era un’infermiera, donna di fede, molto forte. Tanti altri avrebbero ricercato la vendetta, lei invece ha trasformato la giustizia in un momento di apprendimento per tutti. Diane Foley è entrata con grazia, umiltà e ascolto nella vita di un’altra persona”. Un episodio emblematico di quanto va rimarcando il Papa, ovvero che serve il dono reciproco e la comunicazione autentica è capace di innescare questa dinamica di vita. “Dobbiamo dire la verità e ripeterla costantemente”, è stato il motivo ricorrente stasera. “Io credo che alla fine la verità vincerà se noi lottiamo contro la disperazione del silenzio”, ha aggiunto McCann.
Il coraggio di raccontare senza compromessi
Il giornalismo vero ha bisogno di notizie vere ma anche di giornalisti coraggiosi, ha detto un giovane giornalista asiatico dalla platea. E ha domandato: “Come si fa a trovare questo coraggio?”. La risposta più semplice è l’amore, ha risposto Ressa: “Ci troviamo in un ambiente che ci manipola. Bisogna trovare persone che la pensano come noi. Non è tanto questione di coraggio, in realtà, ma di stabilire un confine tra ciò che riteniamo possa far parte del nostro bagaglio valoriale e ciò che deve essere escluso. E poi bisogna tenere la posizione”. Dal canto suo Calabresi ha detto che il coraggio si trova amando e avendo a cuore la propria credibilità: “Se penso che non devo vergognarmi allora trovo il coraggio. Fuggire il compromesso, che è la via più semplice”. Ed anche “essere veri”, ha aggiunto Ruffini, riprendendo le parole del Papa. Esserlo ammettendo anche la propria debolezza, come diceva San Paolo, figura ripresa più volte dal prefetto nel giorno in cui si celebra la conversione dell’apostolo. Alle volte, ha precisato, dietro la maschera del coraggio si cela infatti la nostra prepotenza, la nostra volontà di affermare che sappiamo tutto. Questo sarebbe da evitare.
Il silenzio è assenso
Una suora si è fatta portavoce della domanda di una bambina: in che modo concreto voi giornalisti affrontate il dilemma tra male e bene, in cui il male sembra sempre vincere? Ressa ha ripetuto di aver assistito al baratro del suo Paese ma che nel tempo ha visto pure qualche passo in avanti. E che quindi oggi ha speranza: “I giornalisti sono testardi: è il momento in cui dobbiamo guardarci e ridefinirci. Non possiamo arrenderci, non c’è altra opzione. Collaborare, collaborare, collaborare”. Le ha fatto eco McCann che ha chiamato in causa le istituzioni, anche quelle religiose: devono fare la loro parte, così come devono farla i lettori. “C’è bisogno di lettori intrepidi e impavidi che chiedono verità ed eccellenza a gran voce”. Ad intervenire ancora una religiosa dal Messico, dove il rischio continuo è dovuto alla presenza del narcotraffico e delle pressioni esercitate da queste lobbies. “È la cosa più difficile da gestire”, ha sottolineato. Come fare a lavorare in un contesto come questo? Ressa ha ricordato che nelle Filippine, nel periodo del mandato di Duterte, si sono stimati 28 mila morti solo nei primi tre anni. La paura è contagiosa, ma se la comunità innesca un processo di tutela reciproca allora siamo sulla strada giusta. “Più siamo silenziosi più soccombiamo. Il silenzio è assenso. L’ho detto nelle Filippine e ora lo vediamo anche negli Stati Uniti”, ha affermato. McCann ha esortato proprio le donne a essere leader di cambiamento. E ha aggiunto: “La Chiesa deve alzarsi, quando non lo facciamo perdiamo una occasione di testimonianza”.
Arginare l’aumento della corruzione nei media
Una ragazza ha poi chiesto come comportarsi di fronte alle insidie interne agli ambiti di lavoro. Il prefetto Ruffini ha sottolineato che nella Chiesa bisogna costruire una relazione forte: “È un lavoro umile che deve essere fatto di più e meglio”, presupposto per arginare anche questi problemi. L’invito, inoltre, giunto ancora dal capo Dicastero è a “non chiuderci nella comfort zone di cattolici che stanno bene insieme”, ma essere sale nel mondo. Ha preso la parola una donna dal Pakistan condividendo i timori che avvolgono l’impegno in Paesi illiberali rispetto alle minoranze. Ressa ha suggerito che esiste una rete di avvocati disposti ad un’assistenza gratuita e tuttavia ha messo in guardia circa il fatto che “molti dei fondi dei benefattori si stanno esaurendo”. Non possiamo accettare la normalizzazione dell’odio, ha asserito la premio Nobel, e non c’è bisogno di essere giornalisti per farlo. Anche dal Kenya si è levata la voce di una suora che è intervenuta sugli sforzi, spesso troppo alti e difficili, nel restare ‘visibili’ come comunicatori cattolici. Maria Ressa ha evidenziato che purtroppo la legge delle piattaforme non è premiante verso i comportamenti corretti. Ma che “come cattolici ci si può organizzare, fatelo”.
Non lasciare soli i giornalisti
È stato infine Calabresi a lanciare un’ultimo invito: non lasciar soli gli attivisti, i giornalisti, tutti coloro che fanno sentire la loro voce. E ha sollevato il capitolo sull’alto numero di giornalisti minacciati dalla mafia che vivono sotto scorta in Italia: “Il più grande alleato della disinformazione è l’isolamento e la solitudine”. A conclusione, un suggerimento che sembrerebbe una contraddizione con la tendenza all’ipervelocità nell’informazione e invece è un modo per ricercare la profondità: “Nell’epoca della rincorsa a una informazione istantanea si è portati a pensare che stare al passo è sempre premiante. Vi suggerisco di rallentare, dire cose pensate che lascino davvero un segno. Poi bisogna avere pazienza, nel ripetere le cose che pensiamo abbiano valore, nel continuare a ripeterle. Come si dice nelle Scritture, la verità è paziente”.
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