Per quel carcere di Savona che non c’è, il cui primo progetto è del 2002, adesso, dopo 22 anni, la Corte dei Conti condanna a risarcire un dirigente del Ministero delle Infrastrutture ed un Provveditore alle Opere Pubbliche; e in sentenza scrive che “non è stato mai realizzato per negligenza, dolo e colpa grave di alti funzionari dello Stato”. Doveva sorgere in località Passeggi, sulle alture savonesi, su un’area buona parte di proprietà della Società Autostrada Torino-Savona del Gruppo Gavio, su un terreno a rischio idrogeologico a ridosso della A-6.
Le alternative erano i siti di Rio Termine e di Madonna del Monte, ma non se ne fece nulla. In quegli anni i Gavio, a quanto pare, spingevano perché fosse scelta quella di Passeggi. Scrive la Corte dei Conti a pagina 9 della sentenza: «…La scelta dell’area in questione sarebbe dipesa essenzialmente dall’interesse del gruppo Gavio». Se in un primo momento il Comitato Ministeriale Paritetico Giustizia-Infrastrutture aveva individuato un altro terreno, nel 2004 Massimo Ponzellini (all’epoca ad delegato di Patrimonio dello Stato Spa, società del Ministero dell’Economia) dà “la buona notizia” a Marcellino Gavio, l’imprenditore scomparso nel 2009. «Abbiamo fatto il miracolo! Per fare il carcere è stata scelta quell’area, abbiamo ribaltato la decisione… — dice Ponzellini –. Guarda che però dobbiamo essere grati a qualcuno… bisogna accontentarli…». Il colloquio telefonico del 21 luglio 2004 è ascoltato dalla Gdf, che per la Procura di Milano indaga sulla società autostradale “Milano-Mare” (ex Serravalle). Intercettazioni che però non hanno avuto un seguito giudiziario. Non si sa se Gavio abbia accontentato. E chi.
La cronaca racconta che i due alti funzionari dovranno rifondere il Ministero delle Infrastrutture e quello della Giustizia per una cifra che supera i 2 milioni di euro. Più dettagliatamente il super dirigente del Mit, Alessandro Pentimalli condannato a risarcire con un milione ed 800mila euro; il suo collega Francesco Lucio Errichiello, dal 2010 al 2012 Provveditore alle Opere Pubbliche di Liguria e Piemonte, dovrà versare una cifra prossima ai 237mila euro. Un sacco di soldi, anche se la Procura Regionale della Corte dei Conti aveva quantificato il danno erariale complessivo in quasi 5milioni di euro.
Però, dei 18 soggetti portati a processo dalla giustizia contabile si salvano in 13. Per loro è scattato il colpo di spugna: nel 2012, infatti, “è venuto meno il contratto di appalto” con l’Ati (Associazione Temporanea di Imprese di cui capofila era Imac Spa) “e parimenti spirata la possibilità di costruire il nuovo carcere di Savona. Da tale data è irrimediabilmente decorso il termine quinquennale di prescrizione”. L’indagine è stata aperta nel 2019, poi rallentata dal Covid, e l’invito a dedurre notificato nel marzo 2023. Sicché, sono graziati l’ex sindaco di Savona Carlo Ruggeri e il geometra del Comune Ennio Rossi; due ingegneri del Ministero delle Infrastrutture, Luigi Calvanese e Maurizio Modena; due Provveditori alle Opere Pubbliche Walter Lupi e Pietro Baratono; Carmelo Cavallo, alto funzionario del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Per il danno di errore progettuale citati ma prescritte le posizioni dei componenti il Comitato Tecnico che vagliò il progetto del primo lotto: l’ingegnere Alberto Albert di Arenzano e Francesco Caldani; Gabriella Minervini, ex direttrice dell’Ambiente della Regione Liguria che aveva dato un parere in una delle tante conferenze dei servizi. Colpo di spugna da prescrizione anche per i componenti del Comitato Tecnico Amministrativo nominato per fornire valutazioni: Antonella Greco (funzionario del Mit), Giancarlo Borza (ingegnere, consulente esterno) ed Ernesto De Napoli (Avvocato dello Stato).
Destino giudiziario rimandato per “incompetenza della Corte dei Conti” per tre “imputati” non dipendenti pubblici, ma del Rina: nel filone riguardante l’affidamento dell’incarico al Rina Check “per attività di supporto al Responsabile del Procedimento” (Pentimalli) gli ingegneri Claudio Smaniotto e Luca La Rosa più l’avvocato Roberto Damonte (aveva chiesto il rito abreviato) dovranno essere giudicati dal Tribunale Civile.
La sentenza di primo grado della Corte dei Conti, anche se azzoppata dalla prescrizione, segna un punto fermo. La Procura Regionale (il fascicolo è stato aperto dal pm Marco Ferraro, di Savona) diretta dal procuratore Roberto Leoni ha fatto luce su un appalto da 75milioni di euro affidato all’Ati, sul carcere che doveva essere costruito in 7 anni e avrebbe sostituito l’ex Sant’Agostino, chiuso definitivamente nel 2016. I giudici scrivono che il primo progetto (quello che il provveditore Lupi nel 2002 aveva affidato a 3 ingegneri esterni) era finanziato e realizzabile. I documenti certificano sì che l’impresa appaltatrice lamentava la presenza di due elettrodotti e di un gasdotto, ma dopo il 2007 il nuovo Provveditorato invece che chiedere lo spostamento delle linee, decise di far slittare il sito di 70 metri. Il trasloco comportava un enorme movimento di terra: si sarebbe dovuta riempire un’intera valle, con un costo aggiuntivo di 22 milioni di euro. I soldi non c’erano e alla fine il carcere divenne l’ennesima, eterna incompiuta.
L’appaltatore, l’Ati, fece causa a Roma, la vinse in Appello ed i ministeri delle Infrastrutture e della Giustizia pagarono più di 4 milioni di euro di penale. Soldi che oggi la Corte dei Conti cerca di recuperare. Denaro che lo Stato, però, non vedrà mai nella sua interezza: Pentimalli ed Errichiello sono collocati a riposo per raggiunti limiti di età ed al più l’Erario a loro potrà pignorare le proprietà (se ve ne sono, ma non la prima casa) o il quinto della pensione.
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