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servono più nascite e nuove immigrazioni • Neodemos


Se nei prossimi anni i saldi migratori non saranno fortemente positivi e la natalità non aumenterà, le scuole e le università italiane rapidamente si svuoteranno, con problemi di spopolamento delle aree marginali e di perdita di identità collettiva in molte aree urbanizzate. Dalla Zuanna proietta la popolazione in età scolare fino al 2044 in Veneto e Friuli – Venezia Giulia, mostrando come la persistenza di sistemi scolastici vitali passi per nuove immigrazioni e per la ripresa della natalità.

Ormai da quindici anni, in Italia, le nascite stanno calando: erano 577 mila nel 2008, non arriveranno a 370 mila nel 2024. Nel Veneto e nel Friuli – Venezia Giulia (VFVG) il declino delle nascite è in linea con il dato nazionale: da 58 mila nel 2008 a 37 mila nel 2024 (-36%). Progressivamente, questo forte calo si sta traducendo in diminuzione della popolazione scolastica. Ad esempio, oggi nel VFVG i bambini in età di scuola per l’infanzia (3-5 anni compiuti) sono 128 mila: erano 172 mila nel 2009, con un calo del 26% in appena quindici anni. Questa diminuzione ha già determinato la chiusura di numerosi plessi, specialmente scuole per l’infanzia paritarie e scuole elementari. 

Una proiezione “a bocce ferme” della popolazione di età 0-23 in Veneto e Friuli – Venezia Giulia

È utile proiettare la popolazione in età scolare nel prossimo futuro.  Lo facciamo per il VFVG nell’ipotesi che la fecondità resti quella dell’ultimo quinquennio (attorno a 1,2-1,3 figli per donna), che la mortalità in età 0-39 continui ad essere bassissima (oggi, grazie a Dio e al Sistema Sanitario Nazionale, 99 nati su 100 arrivano al 40mo compleanno), e che non vi siano migrazioni né in entrata né in uscita. Non si tratta quindi di previsioni realistiche, ma di numeri utili per misurare la forza della inerzia demografica naturale, ossia di come l’attuale popolazione e gli attuali comportamenti di fecondità e mortalità potranno riverberarsi sulla popolazione scolastica del prossimo ventennio, in assenza di migrazioni. È un esercizio utile per ragionare sulle politiche possibili per modificare il “destino” della popolazione giovanile, intervenendo su migrazioni e natalità.

Date queste ipotesi, la popolazione in età scolare (0-23 anni) del VFVG fra il 2024 e il 2044 diminuirà del 32%, passando da 1 milione e 231 mila a 838 mila (Tabella 1 e Figura 1). La diminuzione non sarà omogenea nel tempo e nei diversi ordini di scuola, ma si propagherà “a onde”, a mano a mano che il calo delle nascite diventerà riduzione prima degli alunni delle scuole per l’infanzia e delle elementari (come è già avvenuto), poi degli alunni delle medie (come sta avvenendo) e delle superiori, e infine degli studenti universitari. L’onda del declino arriverà alle scuole superiori fra pochi anni, e investirà le università a partire dagli anni ’30: senza migrazioni, i residenti di età 19-23 – ossia i potenziali studenti universitari – fra vent’anni saranno un terzo di meno rispetto a oggi. 

Nel frattempo, nell’ipotesi di fecondità costante, il numero di nascite e poi di bambini in età di nido, scuole per l’infanzia e scuole elementari continueranno a diminuire, perché le persone in età 20-39 saranno sempre meno numerose: senza migrazioni, le donne del VFVG in età 20-39 passeranno da 621 mila del 2024 a 506 mila nel 2044. Di conseguenza, fra vent’anni, senza migrazioni e se la fecondità resterà quella di oggi, nelle scuole per l’infanzia del VFVG ci saranno il 23% di bambini in meno rispetto a oggi, e il 30% in meno nelle scuole elementari.

Se queste previsioni si realizzassero, ampi territori entrerebbero in forte sofferenza. La chiusura di una scuola elementare o media, specialmente nei piccoli paesi, è qualcosa di drammatico, che rischia di innescare e accelerare i circoli viziosi dello spopolamento, perché difficilmente una nuova famiglia andrà a vivere in un luogo dove, per portare i figli a scuola, bisogna fare chilometri e chilometri. Ma anche in ambiente urbano, se le scuole elementari e medie non sono diffuse in modo capillare, si generano nuovi flussi di traffico, e rioni e quartieri vengono snaturati e diventano anonimi, perché la scuola è anche un forte elemento identitario. 

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Il mercato chiede nuovi immigrati e servirebbero più nascite, ma servono politiche nuove

I cartelli che leggiamo fuori dei negozi e delle fabbriche (“cercasi commesso”, “cercasi saldatore”…), e la difficoltà a trovare badanti, infermieri e baby sitter mostrano a tutti e con grande evidenza  che senza forti saldi migratori positivi l’Italia non può reggere, perché i nuovi pensionati sono molti di meno rispetto ai giovani che si affacciano sul mercato del lavoro. Nel 2024, nel VFVG i ventenni sono 59 mila, i sessantacinquenni 81 mila, con un saldo negativo di 22 mila persone, Anche in questo caso, queste regioni riproducono la media della situazione italiana, e queste differenze si allargheranno nel prossimo ventennio, a mano a mano che i boomer (nati nel 1955-75) lasceranno il lavoro. Nel 2023 il saldo migratorio in VFVG è stato meno di metà rispetto a quello necessario per mantenere costante la popolazione in età di lavoro. Inoltre, metà dei nuovi pensionati sono operai, mentre l’80% dei nuovi lavoratori hanno un diploma superiore. Quindi, nei prossimi anni, senza nuovi immigrati, ci sarà una forte carenza di lavoratori manuali, che costituiscono il 20% della forza lavoro del VFVG (e di tutti i paesi ricchi, a dire il vero). È auspicabile aumentare la proporzione di donne, anziani e giovani che lavorano, ma è illusorio pensare che la demografia naturale possa essere in grado di “produrre” i lavoratori di cui c’è bisogno. È illusorio specialmente per un’economia come quella italiana, fortemente basata sulla piccola e media impresa manifatturiera, sull’agricoltura intensiva, sul turismo, ossia su attività a forte intensità di lavoro.

Ciò premesso, le proiezioni qui illustrate gettano nuova luce sulle migrazioni. Robusti saldi migratori positivi, simili a quelli del primo decennio di questo secolo, potranno contribuire a frenare la riduzione delle persone in età scolare. Potranno aumentare direttamente il numero di bambini e di giovani immigrati di prima generazione, grazie ai ricongiungimenti familiari. Potranno aumentare le persone in età 20-39, che se ben integrate, faranno famiglia, mettendo al mondo bambini di seconda generazione. Sono quindi necessarie e urgenti politiche per incentivare l’immigrazione regolare, l’integrazione degli immigrati, la permanenza e il ritorno in Italia dei giovani italiani. Politiche ben diverse da quelle recentemente messo in atto dal governo italiano, che ha posto inspiegabili paletti ai ricongiungimenti familiari. Menzione particolare meritano le politiche già attuate da alcuni atenei italiani: i corsi in inglese e di alto livello dovrebbero moltiplicarsi, sia per innalzare le competenze degli studenti italiani, sia per attrarre un numero sempre maggiore di studenti stranieri.Inoltre – come spesso ricordato da Neodemos – è necessario incentivare la natalità, sia aiutando i giovani che lo desiderano a metter su famiglia, sia rimuovendo gli ostacoli, di varia natura, che frenano le coppie che vorrebbero avere un (altro) figlio. Insomma, i numeri suggeriscono di lasciar perdere la sterile propaganda, attuando politiche familiari e migratorie radicalmente riformiste, per evitare un’ulteriore drastica riduzione dei bambini e dei giovani, con il conseguente accelerato spopolamento delle aree marginali, e con il rischio di perdita di identità dei paesi e delle città.

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