A meno di un anno e mezzo dalla scadenza dei 36 mesi di permanenza autorizzata nel porto di Piombino, il rigassificatore Italis Lng di Snam – la nave ex Golar Tundra, così ribattezzata – è ancora in attesa di una nuova destinazione. Che con tutta probabilità non sarà Vado Ligure, dopo il no unanime del Consiglio regionale della Liguria, rinnovato dopo la caduta del governatore Giovanni Toti, fautore dello sbarco in regione della nave.
Tuttavia il blocco del flusso di gas dalla Russia attraverso l’Ucraina, e il rapporto con gli Usa sotto la nuova amministrazione Trump, oltre ai 20 anni di capacità di rigassificazione già venduti da Snam, sono motivi più che sufficienti perché Italis continui a funzionare. Una soluzione è attesa per i prossimi mesi: anche perché, ovunque si voglia collocare il rigassificatore via da Piombino, devono essere realizzate le infrastrutture necessarie.
Piombino vale circa il 6% dell’import di gas
Negli ultimi 12 mesi, da dicembre 2023 a novembre 2024, secondo i dati del ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica, dal rigassificatore di Piombino sono entrati nella rete italiana 3,578 miliardi di metri cubi di gas naturale. Un dato piuttosto distante dal massimo consentito sulla carta dalla nave Italis (5 miliardi di metri cubi), ma pur sempre il 6,1% delle importazioni italiane di gas nel periodo in questione. “La nave ha ricevuto più di 50 carichi, di cui la metà dagli Stati Uniti, e il resto da paesi quali Qatar, Mozambico e Trinidad e Tobago”, ha detto l’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, nel corso della presentazione del Piano Industriale 2025-2029.
“La nave rigassificatrice di Piombino – ha aggiunto Venier – ha dimostrato la sua strategicità in due modi: primo, ha venduto tutta la sua capacità per i prossimi 20 anni; secondo, ha permesso di diversificare gli approvvigionamenti”. E questo, sostiene il Ceo di Snam, “operando in condizioni di massima sicurezza”. A primavera entrerà in servizio a Ravenna, dunque nel mar Adriatico, la seconda nave di rigassificazione acquistata da Snam nel 2022, la Bw Singapore, anch’essa con una capacità di rigassificazione annua di 5 miliardi di metri cubi. Due nuovi rigassificatori che “sono importanti – ha commentato recentemente il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini – perché grosso modo compensano esattamente quello che è venuto a mancare dalla fornitura attraverso l’Ucraina”.
Trump punta sul gas (e vuole venderlo all’Europa)
Il cambio della guardia alla Casa Bianca rende ancora più importante, specie in prospettiva, la partita dei rigassificatori: il presidente Donald Trump ha affermato che, se i paesi Ue non acquisterano quantità maggiori di gas naturale liquefatto Usa statunitense per riequilibrare la bilancia commerciale, allora l’amministrazione imporrà dei dazi – assai temuti da paesi come l’Italia che hanno negli Usa uno sbocco privilegiato per le proprie merci (il solo export della Toscana vale oltre 9 miliardi di euro). E fra le prime decisioni prese da Trump c’è stata la revoca della moratoria sulle autorizzazioni ai nuovi progetti di esportazione di Gnl. Una decisione dal forte impatto politico, e un modo per essere pronti nel caso in cui la richiesta europea di Gnl, data in crescita a doppia cifra percentuale nel 2025, salga ancora in futuro.
“Di fronte a una crescita della domanda a livello globale, è chiaro che bisogna guardare anche ad altre modalità di approvvigionamento di gas, rispetto a quelle più tradizionali”, ha commentato Venier, osservando che questa “è una situazione emersa in modo molto chiaro in occasione della crisi tra Russia e Ucraina, in cui la modalità più rapida per rispondere all’obiettivo di diversificare in sicurezza era quello del Gnl”. Infatti, ha spiegato, “costruire una nuova pipeline richiede 10-15 anni; mettere in funzione una nave rigassificatrice, come abbiamo fatto a Piombino, richiede 6 mesi”, senza contare la maggiore flessibilità degli approvvigionamenti. E in tal senso “il fatto che gli Stati Uniti siano diventati il maggiore esportatore, da 10-15 anni, di gas liquefatto verso l’estero – ha detto ancora Venier -, e che abbiano intenzione da qui ai prossimi cinque anni di incrementare di un ulteriore 50% la propria capacità di esportazione, e i primi due progetti sono previsti in partenza da qui ai prossimi 18 mesi, è chiaro che io lo vedo come un’opportunità”.
Il dietrofront ligure: niente rigassificatore a Vado
Ma la geopolitica dell’energia, quando si avvicina ai confini italiani, deve fare i conti con le giravolte della politica locale. Ecco allora che il progetto di spostare la Italis a Vado Ligure, in provincia di Savona, viene messo in crisi con una svolta di 180 gradi. Dopo il faticoso accordo raggiunto su Piombino – tre anni di autorizzazione, poi via – il progetto-Vado era stato fortemente voluto da Giovanni Toti, il quale con la sua indiscussa (almeno all’epoca) potenza politica lo aveva sostanzialmente imposto al resto del centrodestra ligure. Che al momento della caduta in disgrazia dello stesso Toti, con l’inchiesta giudiziaria che lo ha portato prima agli arresti domiciliari nella sua residenza di Ameglia, e poi alle dimissioni, ha fatto dietrofront unendosi alle posizioni dei comitati ambientalisti, nonché del centrosinistra ligure che sognava la riconquista della Regione con Andrea Orlando.
La spallata non è riuscita: il nuovo presidente è Marco Bucci, già sindaco di Genova per il centrodestra, una solida immagine da ‘uomo del fare’ che non gli ha però impedito di schierarsi contro il rigassificatore, auspicandone la permanenza a Piombino, e incassando la risposta negativa del suo pariruolo toscano, Eugenio Giani. Il 7 gennaio il Consiglio regionale della Liguria ha approvato una mozione firmata da tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione contro il progetto di trasferimento della nave. “La Regione – ha detto Bucci – non va avanti nel progetto, non ha senso, sarebbero 450 milioni da spendere per niente e nel Governo ci sono persone intelligenti, non penso che faranno mai una cosa del genere”. “Se protestare producesse calore, saremmo imbattibili”, ha commentato acidamente Toti.
La proroga di Piombino non sarebbe automatica
Lo stop a Vado Ligure può determinare una permanenza della nave a Piombino? Sul no convergono – pur non rinunciando a punzecchiarsi – sia Giani sia il sindaco di Piombino Francesco Ferrari, secondo cui il rigassificatore non resterà in porto oltre il 2026. “Dovrà essere trovata una nuova collocazione”, ha detto quest’ultimo. “La banchina del porto deve tornare alle sue funzioni”, sostiene Giani, che conta sulla funzionalità piena del porto – senza le pause nell’attività per il transito delle bettoline del gas – anche per sostenere la ripresa del polo siderurgico, con Jsw che sta per fare spazio agli ucraini di Metinvest.
Il Mase ha rilasciato l’Aia per l’esercizio del terminale Fsru presso il porto di Piombino per una durata pari a tre anni, dato cristallizzato in una sentenza del Tar. Nel decreto Aia si prevede la possibilità per il gestore di presentare, almeno sei mesi prima della scadenza dei termini domanda di riesame con valenza di rinnovo: tuttavia, in primo luogo, secondo il Tar il rinnovo sarebbe “ininfluente” ai fini della durata della permanenza a Piombino del rigassificatore; in secondo luogo, il riesame comporterebbe la convocazione di una nuova conferenza dei servizi, dove prevedibilmente si manifesterebbero le contrarietà degli enti locali. E d’altro canto lo stesso decreto 50/2022 del governo Draghi sui rigassificatori disponeva il rilascio dell’autorizzazione “ferma restando l’intesa con la regione interessata”.
Snam si prepara al trasloco: il governo pensa a Gioia Tauro
Dal canto suo, Snam si prepara al trasloco dal porto toscano della Italis, aprendo al dialogo non soltanto con il governo, ma anche con tutte le autorità interessate. “Definiremo con le autorità competenti – sostiene Venier – le soluzioni per garantire la strategicità del ruolo che ha avuto sin qui. Nel nostro budget sono stati inseriti i costi stimati per lo spostamento della nave. Per quanto riguarda tempistica, location e modalità, li andremo ad approfondire con i rappresentanti competenti, anche del governo”.
La palla passa dunque all’esecutivo, che al momento sembra avere un’unica carta in mano: Gioia Tauro, col presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto che si era detto disponibile a ospitare un rigassificatore. Si trattava di un progetto diverso, sulla terraferma. Tuttavia, per realizzarlo potrebbero volerci quattro anni: e allora Roma sta studiando la possibilità di collocare offshore la Italis, al largo della costa reggina. Il problema, secondo fonti vicine al dossier, è la strozzatura del gasdotto a Sulmona, in Abruzzo, che limiterebbe il volume di gas trasportabile a nord: la fine dei lavori di raddoppio della dorsale adriatica è prevista per fine 2027. Ma l’infrastruttura attuale, secondo uno studio del 2024 del think tank Ecco Climate, e un documento del 2023 di 15 associazioni, in realtà sarebbe adeguata per i flussi verso nord. E così il rebus continua.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link