ROMA Sminare la strada che separa Palazzo Chigi dal Quirinale. Piantare i paletti di fronte alla Lega di Matteo Salvini che scalpita e sogna il rilancio. La battaglia sul terzo mandato dei governatori, cioè per il Veneto. Il pugno duro sulla sicurezza e i migranti. Giorgia Meloni convoca un vertice con gli alleati che non sa di routine. Eccoli entrare a metà mattinata, format a quattro ormai consolidato: Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Lupi.
Dovrà informarli del destino di Daniela Santanché? No, quella con il suo ministro del Turismo è una partita che la premier gestirà in solitaria, a modo suo. Infatti non ne fa neanche parola. Sono altri i dossier sul tavolo da squadernare, ora che è tornata dalla missione a Washington, alla corte di Donald Trump. Altri i conti da chiudere subito.
Meloni vede Salvini, Tajani e Lupi: vertice di maggioranza a Palazzo Chigi
IL FILO CON IL COLLE
In cima alla lista c’è l’elezione dei quattro giudici della Consulta, il piatto forte in menù. Sembrava fatta ieri e invece si andrà verso un’altra fumata nera oggi. Manca l’intesa con il centrosinistra per il giudice tecnico e a poco è servito il round di telefonate tra Meloni e la sua arcirivale Elly Schlein, tra una pausa e l’altra della riunione durata due ore. Tuttavia il menù è più ampio. Si allarga al grande cruccio del Ddl sicurezza, il maxi-provvedimento per rivoluzionare la vita delle forze armate italiane, che promette di inasprire le pene per criminali e migranti illegali. Priorità massima per il governo.
I riflettori del Quirinale sono puntati e da tempo i tecnici di Sergio Mattarella hanno fatto capire che su alcuni rilievi di costituzionalità non transigeranno: o il testo cambia, o la firma del Capo dello Stato non può darsi per garantita. Scenario che Meloni vuole scacciare, «non possiamo permetterci un rinvio del testo», il monito scandito ieri agli alleati. Ergo: il governo ritoccherà il Ddl venendo incontro il più possibile alle richieste del Colle. Niente detenzione cautelare in carcere per le madri incinte o con bambini sotto un anno, stop al divieto per i migranti di acquistare una sim telefonica senza regolare permesso di soggiorno: basterà un qualsiasi documento valido. E ancora, sarà cancellata la norma che prevede una collaborazione obbligatoria tra intelligence e università in caso di necessità, da settimane al centro di virulente proteste di studenti e professori. Insomma via all’operazione sminamento. Che però irrita Salvini e il Carroccio decisi a puntare i piedi e a lasciare il testo così com’è. Anzi a irrigidirlo, se possibile. «Noi abbiamo emendamenti da presentare…», l’appunto del capo del Carroccio che all’alba di questa fase 2.0 – dopo l’assoluzione nel processo Open Arms – vuole tornare a puntare le sue fiches sulla battaglia securitaria e sogna il ritorno al Viminale. Ben vengano gli emendamenti della Lega, ha fatto sapere allora Meloni, ma non passeranno: destinato a una terza rapida lettura alla Camera, il ddl nell’occhio del ciclone sarà ritoccato quel tanto che basta per evitare uno scontro con il Quirinale. Stop. Sia chiaro: in privato, Meloni è tutto fuorché entusiasta del lavoro di puntiglio degli uffici quirinalizi che rischia di rallentare e non poco l’approvazione di un testo che ha molto a cuore. E non è un caso se la premier e il suo partito hanno preso di petto i recenti fatti di cronaca – dall’uccisione di Ramy ai colpi di pistola del Maresciallo Luciano Masini – per cavalcarli e intestarsi la causa securitaria prima della Lega. Clima cordiale, assicurano i presenti. E un bel pezzo di riunione, quasi tutta a dire il vero, raccontano, è stato dedicato al rompicapo della Consulta, destinato a risolversi chissà quando.
IL NODO DEL VENETO
Però, si diceva, c’è stato tempo di affrontare altri dossier in sospeso nel centrodestra. Ed è di nuovo Salvini a farsi avanti. Il suo partito, i dirigenti al Nord, i militanti, fa capire il “Capitano”, aspettano un segnale sul terzo mandato dei governatori. Luca Zaia scalpita in Veneto. In Friuli-Venezia Giulia le tv locali sono tappezzate di sondaggi di Massimiliano Fedriga che chiedono: volete il terzo mandato per il governatore?
Fratelli d’Italia, come del resto la sua leader, va perdendo la pazienza. Il segretario del Carroccio a Palazzo Chigi premette di non avere scelta. Tutti sanno che non è una sua battaglia personale, il terzo mandato. Semmai, questo sì, vuole difendere il Veneto dall’opa di FdI per evitare la rivolta al Nord. «Devo chiederlo», spiega agli alleati preannunciando nuove sortite pubbliche a favore di una legge che alzi il tetto da due a tre consiliature.
Il corollario, va da sé, è continuare a chiedere il Veneto per la Lega. Meloni sospira. Poi mette in chiaro, guardando gli alleati seduti al tavolo: «Ok, ma per noi non si può fare». Sono i nuovi “ordini esecutivi” della leader di FdI, modello Trump. Ascolto tutti, decido io. Quanto al caso Santanchè, quando sarà il momento, passerà direttamente alla fase due.
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