Il procuratore: «La chiesa non intende più coprire certe situazioni». La perizia, redatta in più di un anno, è costata 860mila euro. Nelle carte le condotte «erronee» dei vescovi Egger e Gargitter
«Non mi risulta sia stato consegnato niente in procura. Se la diocesi non l’ha fatto, evidentemente non ci sono casi perseguibili». Parla così il procuratore Axel Bisignano in merito alle oltre 600 pagine redatte dallo studio legale bavarese Westpfahl Spilker Wastl in collaborazione con lo studio Kofler Baumgartner & Partner di Brunico. Una perizia su cui la diocesi ha investito circa 860mila euro, considerato il coinvolgimento dei due studi legali e la stesura durata più di un anno: cifra che rende la misura di quanto ci tenga la chiesa altoatesina a fare chiarezza al suo interno. Formalmente però, il documento non è stato depositato. Potrebbero aver influito i tempi della prescrizione, visto che l’analisi si concentra su cinquant’anni di storia, dal 1963 al 2023: «Il periodo di prescrizione si calcola in base alla pena massima per il reato: in questo caso — spiega il procuratore —, dodici anni dall’ultimo fatto. Quindi, per poter perseguire qualcuno, il fatto deve essere successivo al 2013. Se è trascorso più tempo, i fatti non sono più penalmente rilevanti».
A questo, nel caso specifico degli abusi sessuali, va fatta un’ulteriore specifica: con l’abbassarsi dell’età della vittima, aumentano anche gli anni affinché il reato cada in prescrizione. Ancora Bisignano: «La diocesi ha predisposto un protocollo con il tribunale dei minorenni e la procura della Repubblica in cui si impegna a segnalare tutti quei casi che ovviamente siano perseguibili. Noi dal canto nostro, abbiamo dato direttive su come, quando e a chi rivolgersi per presentare le segnalazioni». Un dettaglio non da poco, che — è l’auspicio — possa fare da traino per consentire anche ad altre realtà ecclesiali e non di uscire dall’omertà. Bisignano vede con favore l’operazione messa in piedi dalla diocesi altoatesina: «Può essere un incoraggiamento. Soprattutto per far capire alle vittime che la diocesi ha fatto un’opera meritoria e che ora non intende coprire più questo tipo di situazioni. Possiamo dire che oggi la diocesi incoraggia le vittime a segnalare gli abusi perché non sarà più omertosa. È un passo avanti significativo».
Per quanto riguarda il rapporto, viene chiaramente specificato che «l’obiettivo dei relatori non era e non è, a priori, quello di contribuire al sensazionalismo sugli eventuali casi di abusi sessuali o di mettere alla gogna i responsabili», ma di «indicare con chiarezza le responsabilità al fine di trarre le conclusioni necessarie ad ottimizzare l’operato nella gestione di questi aspetti». In questo quadro, emergono le figure dei primi due vescovi in carica nella diocesi di Bolzano-Bressanone, nata solo nel 1964: Joseph Gargitter, in carica fino al 1986 e deceduto nel 1991, e Wilhelm Egger, che ha retto la diocesi tra il 1986 e il 2008, quando è deceduto; per quanto riguarda Karl Golser (vescovo dal 2008 ma dimessosi nel 2011 per via del Parkinson), i relatori ritengono che «si è opposto in modo chiaro e inequivocabile agli abusi sessuali istituendo, in particolare, il Centro diocesano di ascolto, una novità assoluta in Italia. Un’attribuzione di responsabilità era tuttavia da escludersi a priori, in considerazione del fatto che Golser era all’epoca già gravemente ammalato»; anche per quanto riguarda il vescovo in carica Ivo Muser, e il vicario Eugen Runggaldier, «si osserva, dal momento dell’assunzione delle rispettive funzioni, uno sforzo sincero volto a migliorare e possibilmente ottimizzare l’approccio nei confronti delle persone offese. Anche le azioni svolte nei confronti dei sacerdoti accusati e/o condannati sono state caratterizzate da uno sforzo sincero e un impegno ad assumere una condotta possibilmente adeguata in questa difficile situazione».
I relatori rilevano che «il numero dei fatti in questione diminuiva drasticamente a partire dall’inizio degli anni Novanta. Va rilevato che questi fatti erano noti ai vertici diocesani, per la gran parte (43%), già prima del 2010 e che la teoria “autori isolati” o “delle pecore nere” frequentemente sostenuta, soprattutto prima del 2010 non ha mai avuto sostanza». Le modalità di gestione dei casi emersi negli anni di Gargitter e Egger viene duramente contestata: «Gli esempi di casi descritti evidenziano che, da parte diocesana, la procedura consisteva principalmente nel rimuovere semplicemente il singolo sacerdote sospettato, o addirittura già riconosciuto colpevole, dalla posizione fino a quel momento occupata, per poi reintegrarlo altrove nell’attività pastorale» si legge nel rapporto. E ancora: «Ad accomunare tutti gli atti, seppure con gradi di intensità variabile, è l’intento diocesano, in parte dichiarato, fino ai primi anni 2010, e in parte presumibile con sufficiente certezza, di evitare che i casi di abuso sessuale diventassero pubblici, o almeno noti in tutta la loro portata». Un insabbiamento deliberato, dal quale solo in tempi recenti si sta cercando di venire fuori. Per quanto riguarda il vescovo Gargitter, «dopo aver esaminato i fascicoli, interpellato i testimoni dell’epoca e le persone interessate, i relatori del rapporto sono giunti a stimare che in sette casi sia da contestare una condotta erronea e/o quantomeno impropria». Musica non troppo dissimile per il suo successore Egger, coinvolto nell’«assoluzione» di sei sacerdoti.
In più, spuntano i casi di due attuali funzionari della diocesi, «responsabili di alto rango a cui, secondo la valutazione dei relatori, è possibile contestare errori di condotta e che saranno oggetto di una “Management letter”: spetterà al vescovo e al vicario decidere se esigere conseguenze, quali, ed eventualmente anche di natura disciplinare». Per quanto riguarda i dipendenti invece, «i relatori non hanno invece accertato alcun tipo di responsabilità».
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