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In Calabria oltre 500 vittime di infarto in un anno, così si combatte il «colesterolo cattivo»


CATANZARO Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con 217mila decessi all’anno, di cui oltre 8.000 in Calabria, di questi 500 dovuti a infarto. Con 1 paziente su 5 a rischio di un secondo evento cardiovascolare entro il primo anno dopo un infarto, il colesterolo LDL (C-LDL) rappresenta un fattore modificabile fondamentale per prevenire nuovi eventi. Tuttavia, l’80% dei pazienti non raggiunge i livelli raccomandati, esponendosi a possibili recidive.

Lo studio su 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani

La buona notizia emerge dalle evidenze dello studio italiano AT Target-IT coordinato dal prof. Pasquale Perrone Filardi, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università “Federico II” di Napoli, Presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia) che ha coinvolto anche il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Catanzaro Magna Graecia.
I dati dello studio che ha coinvolto 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani, sono stati recentemente pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology e dimostrano l’efficacia dell’approccio “colpisci presto, colpisci forte”: intervenire subito dopo l’infarto, in modo intensivo con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, abbassa i livelli di colesterolo LDL fino al 70%. Il 68% dei pazienti ha raggiunto l’obiettivo raccomandato di C-LDL (55 mg/dL) già al primo controllo offrendo così una protezione efficace e sicura nella delicata fase post-infarto.

L’importanza dei controlli contro il rischio recidive

«I pazienti che hanno avuto un infarto sono considerati ad altissimo rischio. Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di LDL inferiori a 55 mg/dL, e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi cardiovascolari» afferma il prof. Pasquale Perrone Filardi, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università “Federico II” di Napoli e Presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC). «Tutti i pazienti dopo l’infarto dovrebbero fare un controllo dopo 4 settimane di terapia anti-lipidica per verificare l’efficacia del trattamento e se i livelli di LDL non sono ancora ottimali, è necessario modificare e ottimizzare la terapia».
Il registro italiano AT Target-IT dimostra per la prima volta nella pratica clinica una chiara correlazione: più basso è il livello di LDL, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari, con benefici evidenti già dopo 11 mesi. Infatti, i pazienti che hanno raggiunto l’obiettivo di C-LDL < 55mg/dL hanno visto una significativa diminuzione del rischio rispetto a quelli che non l’hanno raggiunto e che hanno livelli superiori.
Il beneficio si è dimostrato ancora superiore per chi ha livelli di colesterolo LDL sotto i 43 mg/dL e massimo per chi scende sotto i 23 mg/dL. Questi risultati confermano che abbassare il colesterolo LDL in modo intensivo subito dopo un infarto è sicuro ed efficace con significativi benefici per ridurre il rischio di recidive.
I dati dello studio a livello nazionale segnano dei traguardi importanti e trovano conferma dalla rilevazione a livello locale. Una maggiore e più efficace protezione per i pazienti che hanno avuto un infarto.

Indolfi: «Terapia precoce ed efficace per migliorare la prognosi»

«Abbiamo partecipato allo studio AT Target-IT coinvolgendo oltre 50 pazienti e raggiungendo nel 90% dei casi il target di colesterolo LDL indicato dalle linee guida», afferma il prof. Ciro Indolfi, professore straordinario di Cardiologia presso l’Università della Calabria e Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia «Le attuali evidenze cliniche supportano l’uso degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 con l’approccio ‘colpisci presto, colpisci forte’ nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, come dopo una sindrome coronarica acuta o uno stent coronarico. Questo approccio permette di ridurre il colesterolo LDL al di sotto dei 55 mg/dL, avviando una terapia precoce ed efficace per migliorare la prognosi. Il colesterolo LDL, infatti, non è solo un fattore di rischio, ma il principale agente causale della malattia aterosclerotica e della sua progressione fino all’infarto».
L’efficacia dell’impiego degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 dipende in modo significativo anche dall’aderenza alla terapia. Secondo la letteratura scientifica, solo circa 5 pazienti su 10 (45,9%) a rischio molto alto e 3 su 10 (30,2%) a rischio medio seguono regolarmente una terapia ipolipemizzante tradizionale.
«L’aderenza agli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, nella nostra esperienza, è stata estremamente elevata, con valori che si avvicinano al 90%. Questo dato riflette la combinazione di diversi fattori chiave: innanzitutto, l’elevata efficacia di questi farmaci nel raggiungere i target di LDL previsti», conclude Indolfi. «Inoltre, la sicurezza ha favorito l’accettazione e la continuità della terapia da parte dei pazienti. Il risultato ottenuto è molto importante, perché l’elevata aderenza terapeutica rimane un traguardo fondamentale nella gestione a lungo termine dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare».
Oltre a mantenere una costante aderenza ai trattamenti, i pazienti possono giocare un ruolo attivo nella loro prevenzione secondaria. Per i pazienti post infarto, è fondamentale che, se i livelli di colesterolo LDL non raggiungono gli obiettivi raccomandati, si consultino con il proprio specialista. Questo permette di ottimizzare la strategia terapeutica e garantire la massima protezione contro futuri eventi cardiovascolari.

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