La prima scelta forte è stata quella di giocarsi in prima persona la partita della ricostruzione post-alluvione. La continuità con la giunta di Bonaccini: ma come vicepresidente non ha commesso lo stesso «errore»
Ha ascoltato tutti e poi ha deciso di testa sua dimostrando una notevole autonomia. Non ci sono forse le sorprese che lui aveva preannunciato ma forse la vera sorpresa è proprio il metodo seguito nel processo decisionale. Sono queste le prime considerazioni a caldo che vengono in mente a guardare la nuova giunta regionale scelta dal governatore Michele de Pascale che dovrà gestire il post-Bonaccini.
La prima scelta forte è quella di giocarsi in prima persona la partita della ricostruzione post-alluvione, la madre di tutte le battaglie che la prossima giunta è chiamata ad affrontare. Il presidente infatti manterrà la delega alla Protezione Civile, al contrasto al dissesto idrogeologico e alla ricostruzione post alluvione. Su questo si gioca molto del suo capitale politico futuro. Se poi riuscirà a convincere il governo ad avere anche i poteri di commissario visto che sta per scadere il mandato del generale Figliuolo, avrà tutta la partita in mano. Il secondo elemento di riflessione è che la giunta è in totale continuità con quella di Bonaccini perché ci sono quattro assessori nei ruoli chiave che erano nella squadra precedente.
Alessio Mammi all’Agricoltura, Davide Baruffi che era il sottosegretario di Bonaccini prende le deleghe fondamentali dell’attuazione del programma e del Bilancio e soprattutto ci sono i due assessori uscenti che potevano ambire al ruolo di candidato presidente: Vincenzo Colla e Irene Priolo.
L’ex segretario della Cgil dell’Emilia-Romagna mantiene le deleghe pesantissime sullo sviluppo economico e la formazione e diventa vicepresidente, mentre Priolo che ha traghettato la Regione negli ultimi mesi avrà la delega all’Ambiente e alla Mobilità. Colla aveva fatto il passo indietro decisivo che aveva spianato la strada a de Pascale e viene ora ricambiato e lo stesso discorso va fatto per Priolo. Ma soprattutto de Pascale non ha tenuto minimamente conto degli equilibri delle correnti e dei pesi nel partito.
La giunta è a trazione riformista (alle conferme già citate va aggiunta Manuela Rontini nel ruolo di sottosegretaria) e non è stata data rappresentanza adeguata alla parte del partito ora al comando, quella che fa riferimento ad Elly Schlein, così come non è stata pagata alcuna cambiale politica al sindaco di Bologna, Matteo Lepore che pure ha avuto un peso nell’affermazione elettorale.
Ma non è stato uno sgarbo fatto sotto banco, è stata la rivendicazione di un percorso di un’autonomia alla luce del sole. Tanto è vero che il sindaco Lepore pur evidenziando il problema si è solo limitato a dire che di questo tema se ne dovrà parlare nel partito.
Anche sulla Sanità il governatore ha sparigliato le carte scegliendo un dirigente che viene da Parma e quindi defilato rispetto al capoluogo e alle dinamiche di potere della sanità regionale. Anche qui a pensare male si potrebbe dire che la scelta di un tecnico e non di un politico di peso consentirà a de Pascale di mantenere una certa influenza diretta sull’altro dossier decisivo del suo mandato.
Ultima annotazione: chi tende a pensare male non ha potuto non notare che non ha fatto lo stesso «errore» di Bonaccini scegliendo come vice un profilo che poi avrebbe potuto creare una competizione per il futuro (il riferimento è a Elly Schlein) e non ha dato quel ruolo all’ex sindaca di San Lazzaro, Isabella Conti che essendo la più votata poteva ambire alla casella di vicepresidente. Avrà una delega pesante, il Welfare, ma per il ruolo di vice ha scelto il fidatissimo Colla.
Rompendo anche il tabù dell’alternanza di genere nel ticket tra presidente e vicepresidente, anche se il principio è stato rispettato nella composizione della squadra. De Pascale ha tentato una prova di forza consapevole che comunque non esisteva un Cencelli sufficiente ad accontentare tutti. E ora ha davanti a sé una sfida impegnativa da giocare all’attacco con l’energia che si ha a quarant’anni. Poi i conti, anche con gli alleati delusi, si faranno più avanti.
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