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De Pascale fa il mediatore: «Cambiamo insieme le regole»


Mentre Schlein, Conte e la coppia Fratoianni- Bonelli suonano la carica in vista della sempre più probabile battaglia referendaria sull’autonomia, ad Atreju arriva la sorpresa. Michele De Pascale, neo governatore dell’Emilia Romagna, Pd, lancia un sasso nello stagno, e offre una via d’uscita «bipartisan» allo scontro armato tra i due poli. «Il governo cancelli questa legge, facciamo insieme un tagliando alla riforma del Titolo V della Costituzione che fu approvata dal centrosinistra nel 2001. Io sono autonomista ma non possiamo avere un’Italia arlecchino con ogni regione che decide per conto suo. E il referendum rischia di essere lancinante, di spaccare il Paese».

ANCHE SCHLEIN, IERI, DOPO l’ordinanza della Cassazione che ha definito ammissibile il referendum contro l’autonomia (serve ancora il sì della Corte costituzionale), ha chiesto al governo di «fermarsi e ritirare la legge». Sia la segretaria che Conte hanno però usato la formula «la nostra battaglia va avanti», in contrapposizione al leghista Luca Zaia che invece già invita all’astensione per salvare il disegno federalista.

De Pascale non si scosta dalla linea del partito, ma tra gli stand di Atreju spiega: «Spero di fare breccia nella destra. Sono convinto che tanti elettori di Fdi non siano così convinti dell’autonomia». Lui, dice al manifesto, appena insediato ritirerà tutte le pratiche già adottate dall’Emilia-Romagna, che aveva chiesto l’autonomia su 15 materie. «Le regioni hanno già troppi poteri e ai tempi del Covid, quando partecipavo alle riunioni della conferenza unificata (era il referente per le province, ndr), ho capito che se ogni regione fa per conto suo si arriva al caos, come 20 piccoli stati. Sul Titolo V anche il centrosinistra ha sbagliato, sono state devolute alle regioni competenze legislative che dovevano restare allo Stato, come l’energia. Diverso è il caso per le funzioni amministrative, su quelle si può ragionare», è giusto che sia la Regione a decidere dove fare gli ospedali e in quali Comuni avere delle scuole anche se ci sono pochissimi abitanti: queste decisioni le deve prendere chi consoce i territori».

PRAGMATICO, ALLERGICO allo scontro frontale, come ha dimostrato durante la recente campagna elettorale in Emilia, De Pascale arriva a Roma pieno di buone intenzioni. Ad Atreju, a parte Goffredo Bettini che è andato a parlare di un libro, è l’unico dirigente dem di rango presente. Giovanni Donzelli lo coccola: «Aspetta che ti faccio visitare gli stand..». «Sono qui come presidente di regione, se fossi stato al posto di Schlein anch’io non sarei venuto», confida ai cronisti, senza crederci troppo. Lui, come tutti i dirigenti emiliano-romagnoli, è più di governo che di lotta, c’è poco da fare. «Se ci sarà il referendum anche io sarò in prima linea, ma ho speranza che il governo si fermi prima, non ha senso andare avanti e sbattere la testa: nessuno si illuda che il voto non sia un fatto politico, se va a votare il 40% e il no prende 15 milioni di voti nessuno potrà fare finta di niente».

Bastone e carota. «Se il Titolo V non ha funzionato non è colpa di Meloni, la mia non è una proposta “contro” qualcuno», insiste il governatore. «Serve un’autonomia diversa, in cui che on aggravi le condizioni del sud: se una cosa la può fare il Comune di Ravenna lo stesso vale per Salerno, non ci sono differenze antropologiche».

IL COLLEGA ALBERTO CIRIO, del Piemonte, Fi, gli siede accanto, chiede «equilibrio e buon senso» nella gestione del dossier, i due si scambiano sorrisi e cortesie. Anche con Calderoli, che alla sola parola ritiro del provvedimento sbotta: «Mi tocco la palle») c’è un canale di dialogo aperto. De Pascale, come ha fatto già sulla sanità nelle corse settimane, non nasconde «gli errori della mia parte politica». «Certo che ne abbiamo fatti anche sull’autonomia, per questo dico fermiamoci e correggiamo questa legge invece di andare allo scontro sul referendum».

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Subito dopo il governatore emiliano-romagnolo sale a palazzo Chigi: si parla della ricostruiione post alluvione, il mandato del commissario Figliuolo è in scadenza e lui vuole quel ruolo in prima persona: incontro interlocutorio, se ne riparlerà, le regionali sono alle spalle, a Meloni ora conviene lasciargli la grana e non farsi un altro nemico.

I primi a non voler sentire parlare di accordi bipartisan sono i leader delle opposizioni. «L’Italia è una, indivisibile, chi vuole la secessione se ne faccia una ragione e si fermi», attacca Conte. «Andiamo verso il referendum e far pronunciare gli italiani”. «Ci auguriamo che si possano svolgere i referendum per cancellare le ultime macerie dello Spacca Italia di Calderoli», rincara Fratoianni. Per le colombe non tira una buona aria.



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