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Palazzo di giustizia senza aula bunker, insorge l’avvocatura cosentina costretta al “nomadismo”


Il tribunale di Cosenza

COSENZA –Il Consiglio direttivo della Camera penale di Cosenza rappresentato dagli avvocati Alessandra Adamo, Valentina Spizzirri, Domenico Caputo, Angelo Nicotera, Pietro Sammarco, Sergio Sangiovanni, Francesco Santelli; nonché il segretario Gabriele Posteraro ed il presidente Roberto Le Pera hanno deliberato l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale di tutti gli avvocati impegnati esclusivamente innanzi agli Uffici giudiziari del Tribunale di Cosenza, del Giudice di Pace di Cosenza e della Magistratura di Sorveglianza di Cosenza per giorno 18 dicembre 2024.

Il motivo? L’assenza di un’aula bunker in seno al tribunale di Cosenza che costringe l’avvocatura a percorrere distanze chilometriche per celebrate processi che necessitano di un aula “protetta”. Una situazione giudicata. ormai, inaccettabile e ingiusta.

«Abbiamo assistito al “triste” epilogo della inagibilità dell’aula bunker di Lamezia Terme, struttura in cui, per anni, sono stati concentrati determinati processi penali dell’intero distretto della Corte di Appello di Catanzaro, in tal modo ingiustamente privando i cittadini calabresi del diritto di vedere celebrati i processi nelle sedi naturali, i Palazzi di giustizia dei Giudici territorialmente competenti», si legge nel documento firmato dall’avvocatura cosentina.

«Abbiamo, così, di fatto, subìto, la espropriazione giudiziaria del processo penale n° 3804/17 RGNR Dda Cz, volgarmente definito “Reset”, che, dalla sede naturale, il Palazzo di giustizia di Cosenza, è stato “esportato” verso l’aula bunker di Lamezia Terme, una sorta di tempio della sicurezza e della legalità che, solo per un caso, lo scorso 21 ottobre, non si è trasformato in un … cimitero».

Ebbene «dobbiamo tutti riflettere, infatti, senza enfasi partigiana, sulle conseguenze nefaste alle quali sarebbero stati inesorabilmente esposti gli avvocati, che, per asserite “ragioni di sicurezza” (sì, per ragioni di sicurezza, ahinoi !) hanno dovuto, sempre, tenere le loro auto in un sito molto distante dall’aula. Abbiamo conseguentemente scritto della “esondazione dei diritti”, con l’auspicio di adeguate determinazioni da parte delle preposte Autorità: non tornare – mai più – in un luogo risultato non sicuro per la vita delle persone e, dunque, celebrare il processo 3804/17 nella sede naturale, il Palazzo di giustizia di Cosenza».

E, ancora: «Abbiamo, letto, invece che l’Ufficio di Presidenza del Tribunale di Cosenza, richiesto dall’omologo Ufficio della Sezione penale dello stesso Tribunale circa la individuazione di altra idonea struttura per la celebrazione delle udienze del processo 3804/17, ha testualmente rappresentato che “nella sede giudiziaria di Cosenza non sono disponibili aule protette”. Abbiamo ritenuto la circostanza dell’assenza di “aule protette” del Tribunale di Cosenza, ottava provincia italiana per estensione, un fatto di inaudita gravità: non può essere amministrata giustizia e correttamente esercitata giurisdizione in un Palazzo di giustizia, se ritenuto, finanche, privo di aule protette».

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Ecco perché «abbiamo coinvolto, senza soluzione di continuità, in plurime sedute assembleari, tutta l’avvocatura del Foro di Cosenza, indistintamente; abbiamo accertato la logica incompatibilità della dichiarazione di “indisponibilità di aule protette” con irrefutabili dati obiettivi, di segno opposto rispetto a quanto scritto dall’Ufficio di Presidenza del Tribunale di Cosenza, a cui, di conseguenza, continuiamo a rivolgere i seguenti interrogativi:

per quale ragione affermare dell’assenza di aule protette se nello stesso Palazzo di giustizia di Cosenza sono stati celebrati, nel recente passato, i maxiprocessi tra i più delicati della intera regione, noti come “Tela del ragno”, “Missing”, “Twister”, “Timpone rosso”, caratterizzati dalla presenza, in aula, di moltitudini di imputati sottoposti a misura detentiva, differentemente dal processo 3804/17, in cui la presenza dell’imputato sottoposto a cautela personale è stata, per legge, sostituita dalla videoconferenza? Come poter affermare dell’assenza di aule protette se nello stesso Palazzo di giustizia di Cosenza, come attestato e comprovabile, sussiste un’aula, indicata quale “Aula N° 1” , le cui rilevanti dimensioni consentirebbero, previo adeguamento degli impianti, la celebrazione del processo 3804/17 mediante il collegamento di due specifiche aule, “Aula 9” e “Aula 16”, che sono in grado di ospitare pubblico e praticanti avvocati?

– in che modo poter affermare dell’assenza di aule protette se nello stesso Palazzo di giustizia di Cosenza continuano a tenersi processi sempre caratterizzati da imputazioni di natura associativa di stampo mafioso e comunque riguardanti contestazioni di competenza della Procura antimafia? E se necessario un adeguamento delle aule esistenti nel Palazzo di giustizia di Cosenza, quale la ragione di non evitare sperpero del denaro pubblico?». 

La implementazione delle attrezzature già presenti nelle dette aule «sarebbe logicamente meno dispendiosa rispetto alle trasferte, quasi quotidiane, che un intero ufficio giudiziario, giudici e cancellieri, è costretto a effettuare a seguito del “nomadismo giudiziario” verso l’aula bunker di Lamezia Terme, prima, e, di recente, per raggiungere l’aula bunker di Castrovillari».

E lo sfogo dell’avvocatura cosentina va anche oltre: «Abbiamo preso atto e continuiamo a constatare che gli imponenti lavori in corso, da mesi, presso il Palazzo di giustizia di Cosenza ne interessano esclusivamente – almeno allo stato – la sola esteriorità, circostanza che, se resterà tale, dimostrerà che non sussiste alcuna necessità di rendere “protette” le aule di giustizia; diversamente, infatti, risulterebbe – a dir poco – anomalo l’impiego di tanto denaro pubblico per opere diverse da quelle tese a garantire che la giustizia sia amministrata nella sua sede naturale».

Ma «dobbiamo prendere atto di altro, parimenti grave. Dal giorno della “migrazione” del processo 3804/17 RGNR verso l’aula bunker di Castrovillari, in questa stessa aula di giustizia tutte le parti del processo, testimoni, cancellieri, magistrati e avvocati sono quotidianamente sottoposti a condizioni umilianti: nell’area in cui è ubicata detta aula di giustizia, come peraltro documentato da recenti articoli di stampa, insistono rifiuti in quantità da vera e propria “discarica”».

Nell’aula di udienza, «si sono raggiunte, nei giorni precedenti, temperature talmente rigide da essere avvertite da tutti ben al di sotto quel limite minimo di legalità imposto dalla normativa che preserva la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro».

Da tutto questo, «riteniamo, da avvocati e cittadini che il nomadismo giudiziario imposto ai Colleghi del Collegio difensivo del processo 3804/17, sul presupposto della dichiarazione di indisponibilità di aule protette nel Palazzo di giustizia di Cosenza, mortifichi dignità e decoro degli stessi Colleghi e dell’intera Avvocatura del Foro di Cosenza, che ha il diritto di pretendere che i processi di competenza del Tribunale di Cosenza si celebrino nella sede naturale, il Palazzo di giustizia di Cosenza; che le condizioni critiche in cui versa l’aula bunker di Castrovillari, stiano umiliando dignità e decoro degli avvocati, di tutte le parti del processo e delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati nelle attività giudiziarie; che la situazione descritta stia ingenerando un dispendio di risorse economiche pubbliche, a causa dei costi per i continui trasferimenti di un intero ufficio giudiziario, invero impiegabili nell’adeguamento delle aule del Palazzo di giustizia di Cosenza onde consentire la celebrazione del processo 3804/17, e che, per tale ragione, si palesa indispensabile un accesso ministeriale».

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La missiva si fa sempre più infuocata: «Che l’assenza di un Palazzo di giustizia cittadino idoneo alla celebrazione di determinati processi, in quanto incomprensibilmente privo di aule protette, mortifichi la dignità culturale, anche e soprattutto, della città di Cosenza e della sua intera provincia, poiché ridotta ad uno stato di arretratezza sociale tale da essere l’unica città della Calabria con un Palazzo di giustizia, che – anziché costituire epicentro di sicurezza- si scopre essere senza aule protette, sì da costringere magistrati, parti processuali e avvocati a un esilio senza precedenti, alla continua ricerca, in una sorta di quaestua giudiziaria, di “luoghi” in cui esercitare giurisdizione».

Per queste ragioni «a nome dell’avvocatura che rappresentiamo e a tutela degli interessi e dei legittimi diritti delle lavoratrici e dei lavoratori dell’amministrazione giudiziaria  quotidianamente impegnati nell’aula bunker di Castrovillari deliberiamo nel rispetto del Codice di Autoregolamentazione l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale di tutti gli avvocati impegnati esclusivamente innanzi agli Uffici giudiziari del Tribunale di Cosenza, del Giudice di Pace di Cosenza e della Magistratura di Sorveglianza di Cosenza per giorno 18 dicembre 2024».

Contestualmente «chiediamo un incontro da tenersi lo stesso giorno dell’astensione, onde comprendere lo stato dell’arte circa i lavori di adeguamento delle aule del Palazzo di giustizia di Cosenza, anche e soprattutto in relazione a quanto evidenziato dalla Presidente della Corte di Assise di Cosenza con la nota prot. 01/2024 del 12.11.2024, trasmessa, anche, all’Ufficio di Presidenza del Tribunale di Cosenza- per consentirne la celebrazione del processo 3804/17 RGNR – e tutti i processi per i quali sarà eventualmente richiesto l’utilizzo di “aule protette” ai sensi dell’articolo 145 bis disp. att. cod. proc. pen- nella loro sede naturale: il palazzo di giustizia di Cosenza».

Alla presidente e ai giudici che compongono il collegio penale del processo 3804/17 in corso nell’aula bunker di Castrovillari «che, con riferimento agli ambiti critici sopra evidenziati, che pertengono al sito in cui è ubicata l’aula bunker (condizioni di degrado ambientale nei termini sopra indicati) e alle condizioni di lavoro all’interno della stessa, adottino ogni iniziativa iniziativa volta al ripristino della legalità».

Al ministro della giustizia «un intervento teso a garantire che le pubbliche risorse economiche – anziché continuare a essere sprecate nell’assurdo nomadismo giudiziario di un intero Ufficio giudiziario, autisti, cancellieri e magistrati, che, con cadenza quasi quotidiana, devono allontanarsi da Cosenza e percorrere incredibili distanze chilometriche – siano impegnate per l’adeguamento delle aule del Palazzo di giustizia di Cosenza nei modi evidenziati dalla Presidente della Corte di Assise di Cosenza».

Al sindaco della città di Cosenza, «di essere ricevuti nel Palazzo della Città, in sede consiliare, onde sottoporre, in ambito istituzionale, ai rappresentanti dei cittadini, le negative ricadute sociali, economiche e politiche che un Palazzo di giustizia dichiarato inidoneo, di fatto, all’esercizio della giurisdizione sta determinando per Cosenza, capoluogo della ottava provincia italiana in termini di estensione, città che, però, in questo
modo, è ingiustamente degradata all’unico centro calabrese privo del suo riferimento di legalità e sicurezza, il Tribunale».

stefaniasapienza@calabriainchieste.it



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