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Salute femminile, il boom delle startup FemTech: così la ricerca aiuta le donne


di
Sara Tirrito

La società italiana Zambon ha presentato il 4 dicembre cinque startup entrate a far parte del programma di accelerazione Open Accelerator

Le donne hanno il 50% di probabilità in più degli uomini di ricevere una diagnosi errata dopo un attacco di cuore. Di endometriosi soffre in media 1 donna su 10 ma servono 7 anni perché sia formalmente definita tale. Questo dipende in gran parte dal fatto che il genere femminile è sottorappresentato nella ricerca medica, che nel tempo si è concentrata, si sa, sulle patologie maschili. Eppure, il mercato delle FemTech, cioè delle tecnologie avanzate sui temi di salute femminile, sta mostrando un tasso di crescita del 15%, e colmare il divario di genere in questo settore potrebbe generare 1.000 miliardi di dollari all’anno al 2040 secondo uno studio World Economic Forum-McKinsey Health Institute. Ecco perché le aziende farmaceutiche stanno cominciando a investire per appianare le differenze. La società italiana Zambon ha presentato il 4 dicembre cinque startup entrate a far parte del programma di accelerazione Open Accelerator promosso da Zcube, venture con cui il gruppo sostiene l’innovazione.

Il progetto

Nelle sale del campus scientifico OpenZone di Zambon a Bresso, a pochi chilometri da Milano, il 4 dicembre una platea di investitori ha valutato 5 dei progetti selezionati. Sono stati scelti tra 185 candidature provenienti da 35 paesi. Le domande sono arrivate soprattutto da Italia, Regno Unito, e Spagna ma anche da Stati Uniti, Canada, Giappone, Costa d’Avorio, Singapore, Israele. Il focus di ogni startupper era orientato a far convergere l’interesse di ricerca sulla salute femminile con l’innovazione e la sostenibilità imprenditoriale. In un giorno era possibile raccogliere capitali fino a 100 mila euro. «Per molto tempo ci si è dimenticati delle donne – dice il presidente di Zcube e di OpenZone Andrea D’Alessandro –, si è guardato solamente a farmaci o a studi testati sull’uomo. Con queste startup vogliamo concentrarci sulla parte trascurata, anche considerando patologie non strettamente legate agli apparati femminili ma che hanno un’influenza molto forte sul benessere femminile».





















































Vulvodinia e contraccezione

Alcune delle startup presentate sono già in commercio, come l’italiana Agorà Pharma, che oggi si occupa di sviluppare prodotti con cannabidiolo (Cbd) puro e principi simili, ma sta affinando le sue tecnologie per contrastare la vulvodinia e il dolore cronico femminile. L’azienda ha già presentato due domande di brevetto per 4 dei prodotti in portafoglio e ha validato due studi clinici sul marchio Edonelle, che contiene una linea di prodotti a base di Cbd con azione antinfiammatoria, analgesica e di neuromodulazione. L’israeliana Intimo Medical sviluppa contraccettivi a lungo termine e ha in cantiere un dispositivo intrauterino non ormonale che si adatta alla forma della cavità uterina ed è a lento rilascio di agenti terapeutici, quindi in futuro, secondo l’azienda, potrebbe essere usato anche per il trattamento di diverse condizioni mediche.

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Parto pretermine ed emicrania

La statunitense Kadence bio sta lavorando a un farmaco per il trattamento dell’eiaculazione precoce, una patologia che – spiegano nel corso dell’evento di presentazione dei progetti – nella maggior parte dei casi emerge grazie alle donne, altrimenti rimarrebbe sommersa. Il farmaco a cui sta lavorando Kadence bio si basa sulla molecola KH-001 che – dicono gli startupper – inibisce il vettore che trasporta la serotonina per contrastare l’eiaculazione precoce. Tra i progetti c’è anche quello dell’italiana Rea Diagnosis, che sta lavorando a biomarcatori in grado di rivelare un parto pretermine e della statunitense Wizermed, che sviluppa metodi di contrasto e prevenzione dell’emicrania invalidante femminile.

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