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“Non sono il tipo di imprenditore che scappa con la cassa”


Non solo ha respinto le accuse di bancarotta fraudolenta, ma ha ribadito con forza di aver operato regolarmente e con correttezza, ripercorrendo e fornendo la propria versione dei fatti su quelle operazioni per cui la Procura di Ferrara, a seguito delle indagini della Guardia di Finanza, lo ha portato a processo.

Si possono riassumere così le oltre sette ore di esame cui ieri (mercoledì 4 dicembre) mattina, in tribunale a Ferrara, il 73enne ingegnere ferrarese Roberto Mascellani si è sottoposto per far luce sul gigantesco buco legato ai fallimenti dei Magazzini Darsena, di Partxco e Sinteco.

Secondo la tesi dell’accusa infatti, sostenuta dal pm Stefano Longhi, l’ex patron del Basket Club avrebbe distratto fondi al fallimento attraverso operazioni tra società che controllava direttamente o delle quali era il referente ultimo.

Contestazione che lui stesso, davanti al collegio del tribunale, ha però voluto smentire decisamente. “Non ci sono distrazioni di nessun tipo – ha sottolineato – ma solo tentativi corretti di seguire la crescita del gruppo. Di certo, non si può dire – ha poi aggiunto – che io sia il tipo di imprenditore che scappa con la cassa“.

Rispondendo alle domande del proprio legale, l’avvocato Gian Luigi Pieraccini, Mascellani – parso in aula tranquillo e disponibile – ha quindi cercato di spiegare quanto accaduto a partire dai 6 milioni di euro che, il 26 settembre 2006, a titolo di finanziamento attivo, la Procura gli contesta di aver erogato – attraverso Magazzini Darsena – a Sinteco Real Estate (della quale era presidente e legale rappresentante) allo scopo di pagare il prezzo delle azioni ordinarie di Carife.

Importo che ha detto essere stato restituito da Sinteco Real Estate a Magazzini Darsena, portando prove a proprio discarico, tra cui la testimonianza della consulente di parte della difesa che, in una delle precedenti udienze, aveva confermato la restituzione.

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“La preoccupazione – ci ha tenuto a specificare – era quella di essere assolutamente trasparenti nel presente e nel futuro circa il fatto che questa operazione, avendo una criticità e delicatezza dovuta al fatto che c’erano possibili conflitti di interessi. Mi ero raccomandato, una volta fatte le vendite, di restituire i soldi della Sinteco Real Estate perché era un’operazione che non poteva essere confusa con tutte le altre operazioni finalizzate alle attività proprie del gruppo. Quindi c’era proprio un’attenzione su questo discorso per far in modo che questo gioco di uscita e rientro della finanza non fosse alla pari, ma mi raccomandai di far in modo che si fosse riconosciuto un piccolo utile di interesse perché quello sarebbe stato il segno che stavamo dando anche un vantaggio compensativo alla società”.

Buona parte di quei 6 milioni, per l’esattezza 5 milioni, sarebbe finita – dopo alcuni passaggi intermedi nei quali sarebbe intervenuta la società svizzera “Gabriel Fiduciaria”, che secondo la magistratura agiva su mandato dello stesso Mascellani – su un conto svizzero acceso presso la Banca Pictet et Cie di Ginevra, conto intestato a una società con sede in Lussemburgo, la “Corali Holding S.A.”, della quale Mascellani era unico titolare. Circa 4 milioni, figli di questa operazione, vennero in seguito sequestrati dalla Guardia di Finanza nell’agosto 2016. Nel dettaglio vennero sequestrati 700mila euro in titoli e 3,3 milioni suddivisi in 33 assegni.

A tal proposito, Mascellani ha risposto: “Eravamo nel 2003, un anno complicato per l’azienda per tanti cantieri in piedi, dati di produzione molto importanti e un problema legato alla ristrutturazione dell’operatività del cantiere dei Magazzini Darsena perché avevamo avuto un problema col subappaltatore dei cementi armati. Avevamo quindi una certa preoccupazione su come predisporre una rete di finanza non bancaria. Io avevo una serie di relazioni non solo italiane e quindi trovammo un soggetto che disse di poterci finanziare prendendo una partecipazione nella Sinteco Spa. Dopo gli approfondimenti, ci dicemmo disponibili a cedere fino al 45% delle quote in cambio di una corresponsione di prezzo pari a 10 milioni di euro. Questo contratto di fatto valorizzò il gruppo Sinteco attorno ai 25 milioni di euro“.

L’ingegnere ha ricordato che, per quell’operazione, la caparra “fu interamente versata per 4,5 milioni di euro esattamente nelle date indicate dal preliminare, anche se ci sarebbe una dissonanza nelle indagini, sia nella richiesta di rogatoria che negli atti successivi, dal momento che la Guardia di Finanza segnala che, invece che 4,5 milioni di euro, dal 2003 al 2005, ne avrei incassato un 1 milione e 500.000 euro”. Nell’autunno 2006, però, Mascellani decise di tenere il 100% delle quote di Sinteco, restituendo gli iniziali 4,5 milioni di euro della caparra più una penale prevista in caso di ripensamento pari a 500.000 euro al soggetto finanziatore. Da qui – ha spiegato – l’operazione dei 5 milioni di euro che viene contestata dalle Fiamme Gialle.

Pochi mesi dopo, il 20 dicembre 2006, altro trasferimento di denaro. Dalle casse di Magazzini Darsena finiscono in quelle di Sinteco Real Estate 1 milione e 600mila euro. Questa volta lo scopo – presunto – è quello di consentire alla stessa di finanziare parte dell’acquisto di altre azioni Carife, che non avrebbe restituito. Azioni che – secondo Mascellani – facevano parte di “un altro ragionamento relativo a un’altra finanziaria, la Laco Srl, che avevamo costituito per acquisire un pacchetto ancora più importante di azioni“. “A questa seconda società finanziaria però – ha affermato – mancava un finanziamento da 1 milione e 600mila euro per chiudere l’operazione e decidemmo quindi di utilizzare lo stesso meccanismo. Magazzini Darsena diede a Sinteco Real Estate 1 milione e 600mila euro, Sinteco Real Estate lo diede poi alla Laco Srl che, qualche mese dopo, lo restituì. A quel punto, Sinteco restituì il prestito con un pagamento diluito in rate pari a 1 milione 628.000 circa, quindi con in più un piccolo upgrade a titolo di interesse”.

Mascellani ha successivamente affermato di aver operato correttamente anche relativamente ad altre operazioni ritenute distrattive rispetto a Magazzini Darsena. Nello specifico, le transazioni avvenute tra il 17 aprile e il 4 luglio 2007 (quattro bonifici da 1,5 milioni di euro a favore di Sinteco Real Estate, che sarebbero poi stati girati a Partxco, ndr) e la famigerata fattura 2/2008. Spiegazioni sono inoltre arrivate anche per le situazioni legate ai fallimenti di Sinteco e Partxco.

Si torna in aula l’8 gennaio per il controesame.

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