Dopo la COP16 “Biodiversità”, tenutasi a Cali, in Colombia, e la COP29 “Clima”, appena conclusasi a Baku, in Azerbaijan, è adesso il turno della COP16 “Desertificazione”, che si è aperta a Riyadh, in Arabia Saudita e che durerà due settimane. La COP16 UNCCD (Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sulla lotta alla desertificazione e alla siccità) ha tra i temi all’ordine del giorno la lotta alla siccità e la promozione dell’agroecologia: si tratta di temi cruciali per un vertice che stenta ancora a conquistare un ruolo centrale di punto d’incontro tra le altre convenzioni delle Nazioni Unite.
Molto meno conosciuta delle altre due convenzioni sullo sviluppo sostenibile – la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e la Convenzione sulla Biodiversità (CBD) – la UNCCD è stata presentata nel giugno 1994 a Parigi ed è entrata in vigore nel dicembre del 1996. La UNCCD rappresenta la Convenzione delle Nazioni Unite con la più vasta adesione: essa conta, infatti, 196 paesi firmatari oltre alla UE, che rappresenta una delle 197 Parti. Si tratta dell’unico accordo internazionale giuridicamente vincolante, che mette in stretta relazione le dinamiche ecologiche e quelle dello sviluppo sociale, economico e culturale. La Conferenza delle Parti è l’organo supremo, responsabile delle decisioni necessarie a promuoverne una attuazione efficace.
La siccità colpisce quasi 2 miliardi di persone ogni anno, l’85% delle quali vive in paesi a basso o medio reddito. È aumentata del 29% dal 2000 a causa dei cambiamenti climatici e del degrado del territorio. Entro il 2050, tre persone su quattro nel mondo saranno colpite dalla siccità. Le zone aride sono in aumento e oggi rappresentano più del 40% della superficie terrestre. “Siamo vicini al punto di rottura nei nostri rapporti con la terra”, sottolinea l’UNCCD in un recente rapporto.
Tra gli altri temi all’ordine del giorno c’è la valutazione di medio termine del quadro strategico 2018-2030 dell’UNCCD, che mira a raggiungere l’azzeramento del degrado del suolo su scala globale (Land Degradation Neutrality o LDN) entro il 2030. Ciò impegna gli stati firmatari a ridurre il tasso di degrado del territorio e a ripristinare i terreni degradati. I Paesi affetti da degrado del suolo sono tenuti a riferire ogni quattro anni su tre indicatori chiave: lo stock di carbonio organico nel suolo, la produttività primaria del suolo e il grado di copertura del suolo.
Gli Stati firmatari si sono impegnati a ripristinare entro il 2030 un miliardo di ettari di terreno degradato, un’area più grande della Cina. Si tratta di un obiettivo globale necessario, che fissa un percorso vincolante, un po’ come la soglia di 1,5°C fissata nell’ambito della Convenzione sul clima. Per garantire il monitoraggio, durante la COP16 a Riyadh si discuterà, infatti, anche la definizione di un indice unico di degrado del territorio.
Alla COP16 il dibattito si concentrerà sullo sviluppo di sistemi agricoli e alimentari resilienti e sostenibili, in particolare nell’ambito di un dialogo interattivo ad alto livello previsto per il 5 dicembre. In tal senso, la COP16 potrebbe segnare un punto di svolta per la promozione dell’agroecologia, che viene menzionata più di 30 volte nei documenti preparatori. Le parti interessate stanno anche lavorando per migliorare la visibilità della COP sulla desertificazione e chiedono una convergenza verso l’agroecologia tra le tre COP.
Insomma, la COP sulla Desertificazione non dovrebbe più essere considerata come una “sorella minore”. È importante invertire questa percezione perché suoli sani significano più anidride carbonica sequestrata nel suolo in maniera virtuosa, in quanto questo determina una maggiore fertilità e biodiversità del suolo e migliora la produttività delle colture e quindi l’accesso a cibo di qualità.
La COP16 di Riyadh si svolge in una delle regioni più povere di risorse idriche e maggiormente colpite dalla desertificazione e dal degrado del territorio, per questo suscita notevoli speranze. Rappresenta anche una grande opportunità per l’Arabia Saudita, che ospita per la prima volta un evento delle Nazioni Unite di questa portata. “Riyadh 2024 dovrebbe rappresentare un punto di svolta, un vero cambio di rotta per l’agenda globale sulla terra e sulla resilienza alla siccità”, auspica il segretario esecutivo dell’UNCCD, Ibrahim Thiaw.
Come nelle precedenti edizioni, il Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione (NRD) dell’Università di Sassari sarà presente alla COP16 in veste di co-organizzatore, insieme al network DesertNet International (DNI), al Comitato Scientifico Francese sulla Desertificazione (CSFD) e alla UN University for Peace (UPEACE), di due importanti eventi. Il primo, dal titolo “Promoting a new system of scientific and societal knowledge: research, education and training for an effective and contextualized fight against land degradation” (Promozione di un nuovo sistema della conoscenza scientifica e sociale: ricerca, istruzione e formazione per una lotta effettiva e contestualizzata al degrado dei territori), si terrà il 7 dicembre in forma di tavola rotonda moderata dal direttore dell’NRD professor Quirico Migheli: diversi ricercatori, rappresentanti della società civile e membri della Interfaccia Scienza Politica della UNCCD discuteranno sul ruolo della ricerca e dell’istruzione per creare una nuova generazione di giovani ricercatori capaci di affrontare i temi della desertificazione e della siccità attraverso una collaborazione etica e interdisciplinare, promuovendo la cittadinanza globale e integrando le esigenze locali con la gestione sostenibile e inclusiva del territorio.
Il secondo evento si terrà il 10 dicembre e avrà per titolo “Rethinking desertification and land restoration: bridging science, policy and practice at COP16 UNCCD” (Ripensare la desertificazione e il degrado delle terre: colmare il divario tra scienza, politica e pratica alla COP16 UNCCD). Questo secondo evento è stato organizzato con il supporto dei progetti di ricerca PRIMA “SALAM MED” (coordinato dal professor Pier Paolo Roggero, NRD – Università di Sassari) e “WATDEV” (coordinato dal dottor Mauro Centritto, Istituto CNR per la Protezione Sostenibile delle Piante). L’evento esplorerà le sfide, le opportunità e i rischi del “desert greening” e dei cambiamenti nell’uso del suolo per combattere la desertificazione, sottolineando la necessità di dare un forte supporto scientifico alle iniziative di “greening” per garantire una gestione sostenibile del suolo e delle risorse idriche.
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