Continuo ad essere preoccupato. I conflitti, le guerre sul nostro pianeta sono aumentate, l’angoscia va all’Ucraina e alla Palestina, ma ve ne sono in corso altre 54, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale. La dimensione si è spesso trasformata da locale a internazionale, con ben 92 paesi coinvolti in scontri oltre i propri confini nazionali. Secondo l’ultimo rapporto presentato da The Institute for Economics & Peace, un istituto di ricerca che analizza in modo scientifico e indipendente gli impatti economici delle guerre e della pace, i costi sono arrivati al 14% del Pil mondiale, valutando fattori quali spese militari, costi della violenza, leggi marziali e vittime dei combattimenti.
Nel medesimo rapporto, the Global peace index pubblicato a giugno, la spesa destinata alla promozione della pace si è fermata allo 0,6% della spesa militare totale, un’inezia. L’Indice, che è il principale rilevatore mondiale della pace, utilizza 23 indicatori qualitativi e quantitativi provenienti da fonti attendibili e misura lo stato di pace di 163 Stati e territori considerando tre ambiti: il livello di sicurezza e protezione sociale, la portata dei conflitti interni e internazionali, il grado di militarizzazione.
Nell’analisi presentata l’Europa rimane la regione più pacifica al mondo, nonostante il conflitto in corso tra Ucraina e Russia, e l’Italia in questa classifica si posiziona al trentatreesimo posto, con la pacifica Islanda al primo posto e lo Yemen all’ultimo posto. A parte le classifiche, quello che emerge nel rapporto è un costante peggioramento della situazione, dei 23 indicatori utilizzati nell’indice, 13 sono peggiorati. Ho letto su alcuni quotidiani nazionali, come imminente una guerra tra l’Europa e la Russia, e l’escalation registrata in questi giorni, con minacce sull’uso di armi a lunga gittata e nucleari, sembra confermare l’ipotesi. I miei genitori, che una guerra l’avevano vissuta, mi hanno insegnato a difendere la pace, a non accettare con rassegnazione la guerra, a ritenere ogni forma di guerra un’offesa all’intelligenza e alla ragione. Osservo però, che poche sono le azioni verso la ricerca della pace, come se ogni guerra fosse ineliminabile.
Occorre invece in ogni occasione, in ogni azione cercare la pace.
Spesso chi propone la pace viene accusato di favorire una fazione a discapito dell’altra, ma non è così, la pace non appartiene ad una parte, è un valore assoluto che deve appartenere a tutti e chi ha responsabilità politiche e di governo dovrebbe indirizzare le proprie scelte per cercare sempre la pace. Purtroppo, con le guerre in atto, a partire da quella in Ucraina, molti stati hanno incrementato le spese militari sottraendo risorse a politiche sociali ed educative. Molti conflitti vengono poi rimodellati dall’impatto della tecnologia, si pensi ai droni e tra poco anche ai robot, che rendono più facile a piccoli gruppi o stati di competere con stati o governi più grandi, rendendo più facile il proliferare di piccole guerre o conflitti minori. È forse questo il rischio più grande, di vedere i conflitti minori trasformarsi in crisi più grandi.
Papa Francesco l’ha ripetuto qualche giorno fa «il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito terza guerra mondiale a pezzi in un vero e proprio conflitto globale». Pertanto, la rincorsa agli armamenti non ci allontana da questo pericolo, anzi forse lo rende più probabile. L’Europa, nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale per mantenere la pace, come formulato nella “Dichiarazione” pronunciata da Schuman il 9 maggio 1950, dovrebbe intensificare il proprio ruolo fondante, iniziando ad assumere azioni di pace nei due scenari di maggior pericolo, l’Ucraina e la Palestina, cercando ogni azione per imporre la tregua armata e poi aprendo la ricerca di politiche efficaci in un’ottica di pace, per dare dignità, sicurezza e quindi pace alle parti che ora sono in conflitto.
La pace è un valore assoluto, che dopo secoli di guerre avremo dovuto imparare a riconoscere e a difendere, ma non è così e questo mi preoccupa soprattutto nell’impossibilità di dare alle nuove generazioni un periodo di pace e prosperità come quello che i nostri genitori ci hanno garantito.
* Dipartimento di Ingegneria dell’informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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