Taglio del canone, aumento di un punto percentuale del tetto pubblicitario e presto un’altra battaglia che punta ad una sforbiciata sui benefits per i manager dell’azienda di viale Mazzini (nel mirino il caso delle auto di lusso fornite ai dirigenti): sulla Rai la Lega non molla. Dopo aver incassato il ko all’emendamento presentato al dl fiscale in commissione Bilancio al Senato e respinto grazie ai voti dell’opposizione ma anche di Forza Italia, il partito di via Bellerio rilancia. Lo fa con Stefano Candiani, primo firmatario di una proposta di legge che ha già fatto fibrillare la maggioranza alcuni mesi fa e provocato la rabbia di Piersilvio Berlusconi.
LA PROPOSTA DI LEGGE
Il deputato “ex lumbard” ripropone la proposta di legge sui tetti pubblicitari che «punta gradualmente a liberare gli italiani dal canone, una tassa odiata, dando – al contempo – opportunità di crescita all’azienda Rai». La Lega, afferma ancora Candiani «è pronta anche a trasformare la proposta di legge in emendamento a qualsiasi altro provvedimento». Un nuovo stress test, quindi. Si tratta di «una proposta. Ognuno è libero di fare le proposte che crede. Poi devono essere approvate…», taglia corto il leader di Forza Italia, Antonio Tajani. La volontà degli azzurri è quella di non andar più dietro alle polemiche. Mentre i leghisti continuano ad accusare sottotraccia il partito di via dell’Umiltà di essere teleguidato dai figli di Silvio Berlusconi e di agire solo per salvaguardare interessi aziendali. Tesi più volte rigettata dai vertici di FI. Ma tra Marina e Piersilvio da una parte e la Lega dall’altra i rapporti non sono buoni.
ACQUA SUL FUOCO
In ogni caso i due vicepremier anche ieri hanno provato a spegnere ogni tipo di incendio. «La maggioranza non è spaccata. Mi è spiaciuto che Forza Italia abbia impedito al governo e alla maggioranza di ridurre il canone Rai. Ma non è questo che mette in discussione» l’esecutivo, ha sottolineato il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture. «Se ne facciano una ragione a sinistra, non ci sarà alcun indebolimento della maggioranza. Il governo lavorerà fino alla fine della legislatura», ha affermato il ministro degli Esteri, ricordando ancora una volta come Berlusconi fosse contrario al taglio del canone Rai. «Ora che è saltata l’ipotesi di tagliare il canone – ha ribadito il titolare della Farnesina -, si possono usare questi 430 milioni per ridurre l’Irpef, per intervenire sull’Ires premiale per le imprese, per le liste d’attesa, per le pensioni». Ma la Lega non ci sta. «Ci sono forme alternative, probabilmente anche di entrate, come il discorso del tetto pubblicitario, che potrebbero aiutare a ridurre il canone man mano, e avere risorse certe all’interno di un’azienda molto importante per il nostro Paese», sostiene il senatore e membro della commissione di Vigilanza Rai, Giorgio Maria Bergesio. Mentre Candiani chiama in causa il Pd: «È curioso che coloro che sono stati, in passato, sempre molto zelanti nel sollevare i conflitti di interesse tra Forza Italia e Mediaset in questo caso siano rimasti molto silenti. Silenziosissimi. Un silenzio sospetto».
Lo scontro sulla Rai rischia di impattare pure sul destino della governance, considerando che FI ha puntato su Simona Agnes per la presidenza ma la partita resta bloccata e potrebbe avere tempi lunghi. Perché il Movimento 5 stelle non apre (servono i due terzi in Vigilanza) e perché – sussurra un big della Lega – «al nuovo ad Rossi va bene così».
GLI ALTRI DOSSIER
Tuttavia, il braccio di ferro, che si gioca anche su altri dossier – tra questi in primis sull’autonomia – determina fibrillazione continua nella coalizione. Il timore nel governo è che il clima di tensione possa ripercuotersi sull’iter dei provvedimenti in Parlamento, a partire dalla manovra. Rinvii, o peggio ancora ulteriori incidenti parlamentari, sulle leggi da approvare andrebbero a rallentare il cronoprogramma e a prestare il fianco dell’opposizione. Per questo motivo è scattato l’allarme. Anche a palazzo Chigi. Ieri per sedare i contrasti tra Lega e FI è intervenuto Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, che ha chiesto di porre fine agli sgambetti reciproci: «Discutere e confrontarsi è sano, bisticciare e mettere in crisi il consenso degli elettori non è consentito a nessuno», ha detto il vicepresidente della Camera.
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