In questa epoca di sovraesposizione alle immagini di guerra, i social media hanno introdotto la cronaca in tempo reale della violenza militare nel flusso di foto e video che assorbiamo ogni giorno dai nostri telefoni. Se da un lato si rischia di anestetizzarsi al dolore delle ingiustizie, dall’altro questa mole di immagini e riprese possono aiutarci a capire cosa succede davvero nei teatri di guerra, in cui la verità è spesso difficile da ricostruire.
A febbraio, sul sito del New York Times, usciva un articolo dedicato ai video girati e postati online da soldati israeliani presenti a Gaza in questi mesi di invasione. Al suo interno si possono vedere militari che brindano dopo aver fatto esplodere un’area residenziale della città di Khan Younis o altri che mostrano con soddisfazione le macerie di una casa distrutta in una zona costiera nel nord della Striscia. I video in cui le Forze di difesa israeliane si prendono gioco della popolazione palestinese sono tanto dolorosi quanto frequenti. Non viene risparmiato nessuno, neanche le persone con disabilità: in un filmato rilanciato sul profilo Instagram di Middle East Monitor, alcuni militari “giocano” con delle sedie a rotelle, abbandonate tra le rovine di un ospedale di Gaza.
MA LA DISCRIMINAZIONE dei palestinesi con una disabilità va ben oltre video come questi. Israele ha ratificato nel 2012 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, eppure le violazioni negli ultimi anni sono state costanti nella Striscia. E dal 7 ottobre le cose sono ulteriormente peggiorate.
Quando l’Idf emette un ordine di evacuazione di una zona della Striscia, per esempio, lo fa con scarsissimo preavviso. C’è poco tempo per allontanarsi da un’area che presto verrà presa di mira dall’esercito. Lasciare indietro la propria casa e fuggire in fretta è difficile per tutte e tutti, ma chi ha una disabilità deve fronteggiare problemi aggiuntivi.
Human Rights Watch ha raccontato la storia di Ghazal, una ragazza di 15 anni con paralisi cerebrale che usa scarpe su misura per le sue necessità e una carrozzina per muoversi. Questi dispositivi sono andati persi durante un’evacuazione da Gaza City, l’11 ottobre scorso. «Ero un fardello per la mia famiglia, non riuscivo a trovare nessun mezzo di trasporto», ha detto Ghazal, intervistata dall’omg Usa. «Ho rinunciato e mi sono seduta per terra nel mezzo della strada, piangendo. Ho detto alla mia famiglia di andare avanti senza di me». Anche un gruppo di esperti riunito dall’Ohchr – a cui ha preso parte Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati – ha sottolineato la «tragedia nella tragedia» che si sta verificando nei territori della Striscia per i soggetti più vulnerabili.
LE PERSONE CON DISABILITÀ nella Striscia di Gaza, da quando Israele ha dichiarato guerra ad Hamas, vengono disumanizzate attraverso la privazione dell’autonomia che erano riusciti ad ottenere prima del 7 ottobre. Non solo. La scarsa considerazione per la loro vita da parte delle forze armate israeliane è confermata da casi strazianti come quello che ha coinvolto Muhammed Bhar, un uomo di 24 anni con sindrome di Down. Durante un’incursione dell’esercito nella casa in cui si trovava con la famiglia a Shejaiya, Bhar è stato attaccato da un cane dell’Idf, ha riportato ferite significative ed è stato abbandonato dai soldati, che hanno costretto la sua famiglia a lasciare l’abitazione. Il corpo dell’uomo è stato ritrovato senza vita una settimana dopo, nello stesso luogo in cui aveva subito l’aggressione.
PRIMA DELL’INVASIONE israeliana, a Gaza erano presenti organizzazioni che mettevano al centro delle loro operazioni la vita delle persone disabili. L’Aftaluna Society for Deaf Children organizzava percorsi educativi per la comunità delle persone con disabilità uditiva nella Striscia, coinvolgendo direttamente personale sordo nelle attività dell’organizzazione. La sua sede è stata distrutta nel marzo scorso. Hashem Ghazal, uno dei più noti attivisti con disabilità uditiva nella Striscia, è morto in un bombardamento israeliano pochi mesi dopo.
Dal 2009 era attivo nella Striscia il Centro per la vita indipendente di Gaza City, costruito dall’associazione no-profit italiana EducAid e dalla comunità locale con l’obiettivo di rafforzare l’autodeterminazione e l’indipendenza delle persone disabili nella Striscia. In questo spazio erano le persone con disabilità ad aiutare altre persone disabili. «Quanto di più lontano dallo stereotipo della persona con disabilità come ricettore di aiuto» sottolineava Riccardo Sirri, direttore di EducAid, al magazine SuperAbile nel dicembre 2023. Il centro era già chiuso da mesi quando è stato spazzato via dalle bombe, con tutte le speranze che portava con sé, nel giugno scorso.
SPERANZE che comunque rimangono in vita. “Smile of Hope” è un campo per persone disabili a Deir al-Balah nato a settembre di quest’anno. Gestito dalla Mezzaluna Rossa Palestinese, accoglie circa cento famiglie. «Qui mi hanno fornito una sedia a rotelle, che mi ha aiutato a muovermi più facilmente» ha detto un uomo ospitato nel campo a The New Arab.
La solidarietà continua ad agire, anche tra le macerie lasciate dai crimini di Israele.
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