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Le «bande di Fondo Gesù», lo spaccio a Crotone e il «leader» Maurizio Valente


CROTONE Un’ampia attività di indagine su una serie di eventi criminali avvenuti nel territorio di Crotone hanno permesso alla Dda di Catanzaro di accendere i riflettori su un presunto sodalizio dedito allo spaccio di stupefacenti. Questa mattina, il blitz scattato su ordine del procuratore facente funzioni della Distrettuale antimafia, Vincenzo Capomolla, ha portato all’arresto di 44 persone (40 in carcere e 4 ai domiciliari).

I racconti del pentito

Nella complessa e corposa attività svolta, gli investigatori hanno potuto usufruire di precisi spunti informativi offerti dal collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, con alle spalle un vissuto criminale, in parte trascorso anche in carcere, da soggetto intraneo alla ’ndrangheta e quindi a conoscenza delle dinamiche legate al narcotraffico. Il pentito è stato per anni impiegato nell’attività di vendita di sostanze stupefacenti sul territorio di Crotone, poi condannato in via definitiva per l’omicidio Tersigni maturato per ragioni relative a questioni di droga. Da quanto emerso, Oliverio ha suggerito l’esistenza di un’organizzazione strutturata in «bande insistenti nella zona di “Fondo Gesù”». Al vertice, secondo il pentito, ci sarebbe Maurizio Valente. Il presunto sodalizio nascondeva la droga in magazzini destinati, allo stoccaggio della sostanza, poi spacciata grazie ad una serie di canali attivi.

Lo spaccio gestito dal carcere

Come spesso accade, il regime detentivo del presunto vertice di un sodalizio non frena gli affari. La “testa” resta sempre al comando, anche se “lavora” dietro le sbarre di un penitenziario. Per chi indaga, infatti, Valente avrebbe instaurato rapporti con soggetti albanesi per quanto attiene lo spaccio, «veicolando le direttive all’esterno, anche approfittando dei colloqui carcerari». Il presunto dominus «decideva la suddivisione delle piazze, disponeva le modalità di sostegno delle famiglie dei detenuti, vietava a personaggi sgraditi la possibilità di vendere su piazza, intesseva le alleanze per meglio calibrare il mercato degli stupefacenti».
Insomma un controllo totale della gestione della droga da parte del «leader del quartiere Fondo Gesù». Preoccupato dai numerosi sequestri operati dalle forze dell’ordine, Valente interloquisce con Pantaleone Laratta (indagato) come lui detenuto, gli affida una lettera che quest’ultimo consegna ad alcuni sodali. Nella missiva si sottolineano le possibili conseguenze dei sequestri e a chi opera all’esterno del carcere, nelle piazze di spaccio, viene raccomandata prudenza e se necessario la riduzione delle attività illecite. Da Valente a Laratta, per gli investigatori, è chiaro chi sia a muovere i fili del narcotraffico a Crotone. Il ruolo della famiglia Laratta è tratteggiato dal collaboratore Oliverio e viene cristallizzato dalle conversazioni captate. E’ Antonio Laratta – intercettato – a ricordare «la guerra tra bande che aveva portato alla sparatoria del 2018 (oggetto della operazione “Ora di Punta” della Procura di Crotone) facendo riferimento ad un «versamento di 3.000 euro a settimana per il sostegno ai carcerati».

Le altre figure di rilievo

Nella scala gerarchica dell’associazione ipotizzata dagli investigatori, assumono «un ruolo primario Andrea Ermenegildo Misticoni e Salvatore Santoro», che «pianificano stabilmente l’approvvigionamento di stupefacente per la vendita mediante i pusher, comperando prevalentemente cocaina ed eroina». Secondo l’accusa, Misticoni avrebbe gestito una serie di spacciatori nella sua stretta cerchia, intrattenendo rapporti con il gruppo rom dei Bevilacqua e fungendo «da trait-d’union tra questi e i Laratta». Da una serie di conversazioni, infatti, emerge la figura di Domenico Bevilacqua che «si riforniva nell’ordine di 200-300 grammi di cocaina dal gruppo Laratta-Martino». Del rapporto si sarebbe occupato direttamente Misticoni in contatto con Francesco Bevilacqua. Chi indaga, infine, avrà la possibilità di captare il 15 maggio 2021 alcuni colloqui in cui gli indagati si confrontavano e mostravano di avere «a disposizione ingenti partite di cocaina (si parla di 400 grammi)». (f.benincasa@corrierecal.it)

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