Mi capita di constatare che in alcuni strati della classe professionale, universitaria e dirigente non c’è ancora consapevolezza dei passi in avanti che l’economia di Napoli e, in modo sbilanciato, l’intero Mezzogiorno stanno compiendo. Anche ieri, mi è toccato di sentire da voci autorevoli della nostra accademia, in uno dei luoghi dell’innovazione di questa capitale europea, che i porti del Mezzogiorno soffrono una crisi nera sul mercato delle merci trasportate quando viceversa nei primi nove mesi del 2024 Napoli, Salerno e Gioia Tauro hanno registrato una crescita dei traffici di contenitori rispettivamente, in termini percentuali, dell’8,5, del 7 e del 12.
Hanno fatto questi risultati nonostante la concorrenza sleale dei porti della sponda sud del Mediterraneo che non hanno le tasse ambientali europee e le oggettive difficoltà di Suez a causa del terrorismo. I porti di destinazione sono, soprattutto, quelli di Nord e Sud America e del Canada. Il nuovo quadro geopolitico ha portato il colonialismo russo-cinese in Africa e ha incendiato tutto il Mediterraneo allargato, ma non ha tolto centralità al Mezzogiorno italiano come unico Sud non autocratico, regolamentato e inserito in un Paese del G7. Soprattutto, come territorio esportatore di manifattura di qualità e capace di attrarre sempre più turismo internazionale per le sue bellezze naturali e culturali. Ai primissimi posti per numero di start up innovative e contaminazione positiva tra imprese e ricerca universitaria. Set a cielo aperto dell’industria dello spettacolo e, in genere, dell’intrattenimento.
Scusate questa lunga premessa, ma è il motivo che mi spinge a pensare che a Napoli sono ancora troppi a non sapere che c’è uno scalo aeroportuale che nel 2024 ha offerto collegamenti diretti con 116 destinazioni, prevalentemente internazionali, in 35 Paesi, e ha registrato negli ultimi dieci anni un incremento del traffico del 110%. Sono 13 milioni di passeggeri con 43 frequenze settimanali contrattualizzate su 6 aeroporti Atlanta, Chicago, Montreal, New York/Newark, New York JFK e Philadelphia serviti dalle principali compagnie aeree statunitensi come American, Delta e United Airlines e da Air Canada, la più importante compagnia canadese.
Per capire di che cosa stiamo parlando, basti pensare che questa crescita esponenziale dell’aeroporto di Napoli, trainata come per i porti prima di tutto dal mercato Nordamericano, ne determina una “connettività” fra le più elevate d’Europa che è l’indicatore che misura la capacità di uno scalo aereo di raggiungere con un volo diretto o un solo transito qualsiasi destinazione nel mondo. In particolare, su questo versante rilevante, negli ultimi cinque anni la media europea è diminuita del 9% mentre quella di Napoli è cresciuta del 20%.
Non sono favole, ma numeri nudi e crudi che possono, anzi debbono, fare pensare ancora più in grande, ma che sembrano infastidire un racconto stereotipato dove anche le intelligenze migliori si sentono obbligate a parlare sempre di ritardo, difficoltà insormontabili, lodando puntualmente un Nord Europa che vive viceversa, e speriamo superi presto, il suo momento più difficile da decenni. A causa degli effetti nefasti dei carri armati di Putin in Ucraina e della pandemia che hanno loro sottratto il doppio vantaggio delle materie prime energetiche e del futuro a basso costo essendo saltato il rapporto privilegiato con la Russia che garantiva le prime ed essendosi accorciate le catene della logistica globale che hanno messo in crisi l’interscambio favorevole con la Cina.
Se Napoli può puntare sempre più al segmento intercontinentale, lo si deve anche alla nascita del sistema aeroportuale integrato basato sugli scali di Napoli Capodichino e Salerno-Costa d’Amalfi, aperto a luglio dopo una lunghissima attesa. La regia unica da parte di Gesac ha consentito di adottare una strategia di mercato articolata e diversificata, basata sulla complementarietà dei due scali che diventano l’uno risorsa per l’altro. Si affiancano alle destinazioni di linea delle principali compagnie low cost europee, numerosi voli charter e privati con a bordo Madonna, Robert De Niro, Steven Spielberg, il cestista americano LeBron James e molti altri vip dello spettacolo e dello sport.
Questo nuovo sistema aeroportuale può arrivare a generare nel 2025 quasi cinque punti di pil campano e nuova occupazione per altre 10 mila persone che si aggiungono alle 110 mila già impiegate. Sono numeri di Nomisma. Soprattutto prende corpo, a tutti gli effetti, un hub intercontinentale che può guardare all’America come all’Asia dando sempre maggiore centralità a Napoli capitale del Mediterraneo. Attraendo big spender che solitamente anticipano l’arrivo di investimenti finanziari e produttivi.
Tutto questo è ovviamente possibile perché il processo è nelle mani di chi ha guadagnato credibilità sul campo garantendo redditività agli azionisti pubblici e privati e realizzando un nuovo aeroporto nei tempi previsti. Tutto quello che si sta facendo, con i cantieri già aperti del Pnrr per collegare aeroporto-porto-interporto, oltre all’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari che unisce due regioni economicamente interconnesse come Campania e Puglia, fa parte di un processo virtuoso che multinazionali svizzere, cinesi e americane hanno già metabolizzato e sul quale intendono scommettere sempre di più. La zona economica speciale unica (Zes) con i suoi 300 investimenti già chiusi in un mese consolida la nuova tendenza.
Tocca a noi prenderne coscienza collettiva e mobilitare risorse finanziarie e uomini per guadagnare in organizzazione e capacità di fare squadra. È cambiato tutto o quasi. La sfida è passare da carovana di coda di locomotive nazionali e internazionali a essere noi stessi una delle nuove locomotive del futuro. È possibile e, fuori casa, molti si aspettano che avvenga. Cerchiamo di non essere noi a deluderli continuando a inseguire lo specchietto retrovisore invece di guardare avanti.
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