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Eraldo Affinati: «La mia Milano meticcia dal Beccaria al Bosco Verticale, i giovani fanno scoprire la città. La scuola di italiano è muoversi insieme oltre la politica»


di
Gianni Santucci

Lo scrittore vincitore del premio Flaiano che ha fondato la scuola gratuita per l’insegnamento dell’italiano: «Passo vicino al Bosco verticale e vedo pezzi di New York. In ogni città vedo altre città»

Eraldo Affinati, nel suo ultimo libro (Le città del mondo, Gramma Feltrinelli) lei scrive di trecento città («conosciute, sognate, inventate»). Il passaggio su Milano si conclude così: «Quel giorno Milano mi sembrò il fossato dell’Europa». Perché?
«Accadde dopo una visita al carcere minorile Beccaria. Quei ragazzi mi sembrarono destinati all’eterna ronda dei prigionieri immortalata da Van Gogh».

Come nacque l’immagine?
«Sono sempre stato un insegnante negli istituti professionali. Vado verso gli adolescenti. Al Beccaria me li ritrovai tutti intorno. Chiesi loro: “Usciti da qui, cosa farete?”. Mi risposero: “Prof, torneremo a rubare. Non abbiamo speranza”. Questo è il fossato: lo vidi a Milano in quanto la più europea delle città italiane».




















































Cosa altro è Milano?
«Passo vicino al Bosco verticale e vedo pezzi di New York. In ogni città vedo altre città».

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E poi?
«In piazza Gramsci ho assistito a partite a pallone interminabili tra ragazzini, alcuni di prima e seconda generazione. Avevano un’intesa trasversale, oltre tutti i possibili confini. Soprattutto: vivevano lo spazio urbano come il proprio giardino condominiale. Una sorta di magia, che ricordava l’Italia degli anni Sessanta».

Dunque, cosa è la città?
«Ognuno dovrebbe trovare la sua città. Avere la possibilità di trovarla. Ce ne sono tante del mondo, riunite in ogni città, a seconda degli sguardi. È una scommessa».

Cosa significa sguardi?
«La città meticcia cambia sotto i nostri occhi in modo talmente veloce che stentiamo a vederla. Cambia in modo rapido, a volte impercettibile. Le mutazioni più evidenti sono quelle edilizie. Però ci sono trasformazioni più interne».

Come si possono vedere queste città nella città?
«Sono i ragazzi che ti fanno vedere la città in movimento. Ti sorprendono, disorientano. Ribaltano le immagini».

Lei ha fondato le scuole «Penny Wirton». Italiano per ragazzi stranieri. Totale gratuità: sia per chi insegna, sia per chi apprende. In Italia ce ne sono ormai 65. Una anche a Milano, seguita dalla scrittrice Laura Bosio. Cosa accade in queste scuole?
«Il meticciato presenta attriti. Non sempre le persone sono disponibili a superarli. Scattano tensioni legate a identità diverse. A scuola tutto è più semplice».

In che senso?
«Alla Penny Wirton capita che durante la lezione un ragazzo si interrompa e cerchi un posto per la preghiera. Punta la bussola del cellulare in direzione della Mecca e si inginocchia a recitare la sura».

Cosa racconta l’esempio?
«Che se nelle città pensiamo solo al colore delle nostre magliette, all’essere con o contro, si crea attrito. Se invece si punta su un’azione da fare insieme, persone diverse fanno la stessa azione oltre gli ostacoli. Nelle città dovremmo trovare più azioni da fare insieme. Nel nostro caso abbiamo scelto la didattica».

È comunque una scelta politica.
«L’obiettivo invece è cercare azioni, campi liberi, dove tutti si possano muovere oltre la politica».

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Perché insegnate l’italiano?
«Perché crediamo che la lingua non sia solo un mezzo di comunicazione. La lingua è la casa del pensiero. Senza una lingua strutturata il pensiero non è maturo, non si riescono a elaborare emozioni ed esperienze».

Che ragazzi vengono da voi a Milano?
«Gli stessi che altrove: ragazzi laureati e ragazzi analfabeti nella loro lingua madre. Per loro l’italiano diventa così la prima lingua per capire chi sono e cosa hanno fatto nella loro vita. Insegnare italiano non significa insegnare i verbi, ma ricostruire personalità, magari con traumi, e trovare una lingua comune».

Chi sono i vostri insegnanti?
«Tutti volontari, alcuni sono giovani che arrivano dall’ex alternanza scuola lavoro. Fanno i docenti dei loro coetanei immigrati. Tra adolescenti si creano rapporti straordinari».

25 novembre 2024 ( modifica il 26 novembre 2024 | 08:41)

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