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De Luca, i «sosia» e le alternative in campo: ecco gli scenari in vista delle elezioni regionali


di
Angelo Agrippa

Chi sono i possibili sfidanti del centrosinistra. Dal suo vice Bonavitacola all’assessore Fortini, dal procuratore Cantone al sindaco Manfredi

«Cè un’unica certezza finora, ed è quella che mi candido». Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ripete ancora di voler tirar dritto per la propria strada. Ma per far cosa, al di là del capriccio o del punto di orgoglio di spuntarla sul veto opposto (e confermato) al terzo mandato dalla segretaria nazionale del Pd Elly Schlein? 

Con il figlio, destini incrociati

Con il centrosinistra spaccato vanterebbe le stesse chance di vittoria? E se uscisse sconfitto e con la corresponsabilità di aver fatto saltare la coalizione, a quale sorte sarebbe consegnato sia il suo, sia il destino politico del figlio primogenito Piero, deputato dem, che proprio ieri, intervistato in radio, ha dichiarato con pacata diplomazia che lui nel partito ci sta bene e vuole continuare a lavorare? «Se escludo un accordo per cui io divento vicesegretario del Pd e mio padre rinuncia alla terza candidatura in Campania? Non è all’ordine del giorno della convention riformista che ci sarà sabato prossimo. Sarà un momento di confronto e dibattito all’interno di un’area (quella bonacciniana, che in Emilia Romagna ha eletto la maggioranza assoluta dei consiglieri dem e solo uno che fa riferimento a Schlein, ndr) che sta lavorando per rafforzare il Pd, un partito che è più unito che mai, nonostante sensibilità differenti al suo interno. Sabato discuteremo delle future alleanze, dei temi, dei programmi — ha aggiunto il primogenito del presidente campano — non facendo perdere al Pd quella vocazione maggioritaria e plurale che per noi è un aspetto decisivo ed elemento identitario». 




















































Più variabili

Dunque, nemmeno le apodittiche certezze di De Luca senior sulla candidatura, pure alla luce della visione plurale che suo figlio evoca per il Pd, possono andare d’accordo con le infinite variabili della politica che da qui all’autunno prossimo o, come si dice, a marzo del 2026, affolleranno i corridoi del tempo, ridisegnando freneticamente scenari e mescolando vertiginosamente alleanze e profili di candidati. 

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Primo scenario

Vincenzo De Luca oltre che a scommettere su stesso ha bisogno di una sponda per rilanciarsi e lo sa bene. In questo caso conterebbe anzitutto sui suoi consiglieri regionali, quelli delle liste civiche, ma anche su quelli dem. Del resto — dicono i suoi — perché costoro dovrebbero affiliarsi ad una candidatura debole, alternativa a quella di De Luca, e non sostenere, sondaggi alla mano, il presidente uscente che, a differenza della volta scorsa, quando fu «salvato» dal Covid, oggi vanta un consenso personale più forte e soprattutto inaugurerà, l’anno prossimo, una serie di opere e infrastrutture, dando prova di aver impresso una svolta occupazionale alla Campania? Insomma — dicono sempre i fedelissimi del presidente campano — anche il Pd dovrà fare i conti con il rischio della sconfitta e soppesare l’importanza della vera convenienza.

Secondo scenario

Certo, ma allora quale sarà la via d’uscita più utile? Il consiglio regionale della Campania vota la legge di bilancio a fine anno e De Luca — giocando sull’effetto sorpresa e anticipando la mossa del governo con la quale dovrebbe essere impugnata la legge regionale che gli consente il terzo mandato — si dimette, approfittando dell’impreparazione delle coalizioni. Un’ipotesi suggestiva che ha sedotto i pensieri di tanti addetti ai lavori, ma che continua ad essere neghittosamente respinta dagli stessi deluchiani che non ne intravedono l’effettiva utilità. Dato che secondo loro, il presidente della giunta avrà tutto il tempo per cavalcare le sue realizzazioni e dar vita a una spumeggiante campagna elettorale. In ogni caso, resta sempre la necessità di trovare una convergenza che, ad oggi, non si intravede tra le parti divise del centrosinistra. A meno che, appunto, il governo non impugni la legge campana davanti alla Consulta per impallinare l’altro presidente di Regione, il veneto Zaia, anch’egli ingolosito dalla possibilità di proseguire il suo incarico (sarebbe, di fatto, il quarto mandato per lui). 

Terzo scenario

Pd e De Luca potrebbero essere entrambi indotti, da qui a un anno, a sedersi intorno a un tavolo per elaborare uno schema alternativo. In questo caso, il presidente uscente rivendicherebbe il golden power: il potere di fornire lui il nome del candidato del centrosinistra. Come ha già fatto per il passato a Salerno, quando al suo posto, nel 2001, fu eletto sindaco l’ex fedelissimo Mario De Biase (con il quale, poi, ruppe ogni rapporto: si disse per insubordinazione del designato delfino) e di recente, nel 2016, sostenendo Vincenzo Napoli. Alla Regione, stavolta, il putiniano presidente della Campania (ma solo in riferimento agli scambi di ruolo che ama praticare) potrebbe puntare sul suo Medvedev — una sorta di ventriloquo deluchiano —: l’attuale vice presidente della giunta regionale Fulvio Bonavitacola. Qualcuno affaccia addirittura l’ipotesi che il vero jolly potrebbe essere l’assessore regionale alla Scuola Lucia Fortini, forte di un cospicuo serbatoio di consensi personali che da donna potrebbe incontrare anche il favore della Schlein; ma a palazzo Santa Lucia ritengono questa voce priva di qualsiasi fondamento. Per ora. 

Quarto scenario

In una nuova cornice politica, nella quale ci sarebbe poco spazio per propiziare una vera conciliazione tra De Luca e il suo partito e con un Movimento 5 Stelle ridimensionato ulteriormente, il Pd potrebbe mollare l’opzione Roberto Fico — che ad oggi, sulla carta, resta quella più quotata, sebbene non tutti gli eletti dem campani in consiglio regionale e nei parlamenti nazionale ed europeo siano pienamente convinti — e puntare su un outsider di tutto rispetto come l’ex presidente Anac e attuale procuratore di Perugia, Raffaele Cantone. In questo caso e con la partecipazione di De Luca cadrebbero tutti i veti e le recinzioni di filo spinato pur di salvare la partita del centrosinistra. 

Quinto scenario

Infine, ma per niente ultima opzione, quella che individuerebbe Gaetano Manfredi come il vero asso nella manica. Il sindaco di Napoli e della Città metropolitana, ora anche presidente Anci, ripete anche lui di avere una sola certezza: quella di non ambire alla poltrona della presidenza della Campania. Ma per lui vale quanto già detto per De Luca. Tuttavia, il primo cittadino, finora, ha dato prova di essere dotato di grande capacità relazionale, tanto da emergere con un profilo politico-istituzionale naturalmente alternativo a quello conflittuale e tradizionalmente aspro di De Luca. Certo, meno sanguigno, ma non per questo poco abile nel coltivare interlocuzioni trasversali ed efficaci. Insomma, lo si voglia o meno riconoscere, Manfredi si candida per lo meno ad essere il vero anti De Luca da qui in avanti. E chissà quante volte il presidente della giunta regionale in carica si sarà pentito di averlo preferito come candidato sindaco di Napoli all’ex ministro e attuale deputato eletto in Basilicata, Enzo Amendola.

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