La nostra recensione de La coda del diavolo, opera seconda di Domenico de Feudis con Luca Argentero e Cristiana Dell’Anna: una Sardegna rurale e fuori dalle mappe fa da sfondo ad un discreto thriller di fuga, in cui le colpe vere e quelle presunte si aggrovigliano e uccidono
La coda del diavolo non ha nulla a che vedere con l’omonima hit di qualche anno fa, ma ha molto a che vedere con l’opera prima di Domenico de Feudis che l’ha preceduta, quel Il legame con protagonista Scamarcio uscito nel 2020. Le differenze rispetto a quell’esordio però ci sono, e si parte dal genere; lì entravamo nell’horror sovrannaturale, qui siamo dalle parti dell’escape thriller isolano, sullo sfondo di una Sardegna atipica e ferina, cupa nei colori e disturbante nell’umanità che mette in scena. Protagonista assoluto un inedito Luca Argentero, qui affiancato da Cristiana Dell’Anna e Francesco Acquaroli, alle prese con un personaggio sospeso tra oscurità e senso del dovere, in fuga dal mondo e da sé stesso.
Un uomo innocente
In una Sardegna fredda e oscura il delitto di una giovanissima ragazza nasconde una realtà sconvolgente. Sante Moras (Luca Argentero), ex poliziotto oggi guardia carceraria, viene accusato di un omicidio che non ha commesso: un uomo, colpevole di aver seviziato e ucciso una ragazza, viene trovato morto durante il suo turno di custodia. Costretto alla fuga, e inseguito dal determinato commissario Tommaso Lago (Francesco Acquaroli), Sante decide che l’unico modo per salvarsi è andare fino in fondo e cercare la verità. Grazie all’aiuto di Fabiana Lai (Cristiana Dell’Anna), una giornalista che segue il caso, scoprirà delle verità sconcertanti.
Il prezzo di ogni cosa
Per adattare il romanzo omonimo di Maurizio Maggi il regista Domenico de Feudis ha scelto non solo la fedeltà di tono e sviluppo, ma si è immerso in una Sardegna ancestrale e ferina che è lontanissima dall’immaginario tipico fatto di spiagge biancastre, mare cristallino e folklore a portata di turista. E non solo, perché i codici de La coda del diavolo sono quelli dell’escape thriller, del thriller cioè di fuga, un sottogenere in cui l’interno racconto sposta il punto di vista sul braccare e sull’essere braccati spesso alternando le due posizioni. Ma perché questo movimento e spostamento continui? Semplicemente perché Sante Moras, a cui Luca Argentero dona fisicità e discreto carisma, è stato incastrato.
Come spesso accade nel genere, a partire da Intrigo internazionale e passando per Il fuggitivo, la matassa da sbrogliare ha qualcosa a che vedere con un complotto dei potenti che devono nascondere delle verità inconfessabili, ma il prezzo di questo disvelamento è talvolta altissimo. Qui l’arco narrativo (e in minor parte quello tematico) procedono per rivelazioni inserite nei turning point giusti, verità più o meno sconvolgenti che vengono mano a mano a galla e che in qualche modo producono un riverbero sullo stesso Moras; quando invece la sceneggiatura s’inceppa un po’, soprattutto a cavallo tra secondo e terzo atto, de Feudis si gioca la carta dell’arena sarda inospitale e quasi orrorifica per mantenere il controllo su ritmo e tensione drammaturgica.
Peccato però che i personaggi e i loro conflitti interni e relazionali rimangano troppo sospesi, poco approfonditi da una sceneggiatura a cui manca sempre il guizzo vincente, il colpo del campione in grado di sorprendere. La coda del diavolo si appoggia quindi ad una durata affatto fluviale in cui gli avvenimenti si susseguono repentini, senza troppo tempo per abbracciare l’atmosfera sospesa dei boschi e delle montagne in cui Moras si rifugia.
L’ancora del genere
C’è da dire che de Feudis si dimostra ancora una volta un buon conoscitore del genere, a cui sa regalare delle buone intenzioni visive e scenografiche. L’arena fuori dal tempo, la cupezza della fotografia, la stessa recitazione sommessa che esplode solo in alcuni momenti precisi sono tutti elementi che vanno a dare maggiore pasta alla sceneggiatura, rendendo La coda del diavolo, se non certamente un unicum, quantomeno un prodotto fuori da certi schemi produttivi comuni del nostro cinema. Il tutto aiutato da una recitazione di buon livello, pur senza far gridare al miracolo, per cui spicca nel trio principale Cristiana Dell’Anna, brava nel regalare alla sua Fabiana una determinazione che esce fuori lentamente.
Pur avendo potuto osare qualcosa in più – specialmente in scrittura – l’opera seconda del regista partenopeo (già aiuto regista di Sorrentino) rimane un discreto tentativo di provare a ridare linfa e vitalità al cinema di genere, senza però commettere l’errore di voler scimmiottare le produzioni estere bensì tenendo la bussola all’interno del nostro tessuto locale, della nostra sensibilità e anche del nostro cinema. Speriamo che questa, come altre pellicole recenti, possano far da traino a un movimento che ha bisogno di maggior fiducia da parte di pubblico e produttori, magari anche per proporre qualcosa di nuovo.
TITOLO | La coda del diavolo |
REGIA | Domenico de Feudis |
ATTORI | Luca Argentero, Cristiana Dell’Anna, Francesco Acquaroli, Luca Pusceddu, Riccardo Lai, Maddalena Vallecchi Williams, Gennaro Diana, Daniele Meloni |
USCITA | 25 novembre 2024 |
DISTRIBUZIONE | Sky |
VOTO:
Tre stelle
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