Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Finanziamo strutture per affitti brevi

Gestiamo strutture per affitto breve

Lo sgarro dell’imprenditore romano al ‘petroliere’ della ‘Ndrangheta e la fai con la Camorra sventata del ‘nero’


La benzina frutta più della droga. Un assunto, ormai, che Umberto D’Amico, detto ‘O Lione’, ha fatto suo e che ben racconta, come abbiamo ricostruito anche in questo articolo della sezione Dossier, come i criminali siano diventati sempre più “commercialisti”, avvezzi ai numeri, alle fatture e come ripulire i soldi e farli fruttare. Il tutto, ovviamente, attraverso false documentazioni. È qui, con Roma come scenario, come le cosche di ‘Ndrangheta e i clan di Camorra hanno fatto affari. 

L’ultima operazione della guardia di finanza e dalla antimafia capitolina che ha raccontato una frode all’Iva di quasi 7 milioni di euro nel campo della commercializzazione dei prodotti petroliferi realizzata attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha documentato un altro aspetto fondamentale, ossia quanto sia golosa quella torta di cui tutti vorrebbero una fetta.

Gli affari della ‘Ndrangheta con la benzina

E su questo la ‘Ndrangheta, appunto, è capofila con una serie di interessi nei depositi di benzina e gasolio della Capitale che sono stati (e sono?) sotto il controllo del clan Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica, in provincia di Reggio Calabria. Tra di loro c’è anche Nicolò Sfara, 30 anni di Locri, meglio conosciuto come il ‘Petroliere’ e molto vicino. Sfara, secondo la ricostruzione fatta da chi ha indagato, avrebbe stretto una “solida relazione affaristica” con un imprenditore romano, Alessandro Toppi.

Il professionista, finito ai domiciliari, sarebbe stato per lungo tempo un prestanome dei Mazzaferro. Nell’ordinanza si parla di “fitte trame di relazioni nel comparto petrolifero con esponenti calabresi quali Vincenzo Mazzaferro, il figlio Salvatore Mazzaferro e Nicolò Sfara, tutti da tempo operativi nella Capitale sul mercato dei prodotti petroliferi, grazie alla complicità di una pluralità di soggetti e dell’utilizzo di società cartiere e di comodo”. In sostanza la società Istituto Servizi Italia srl con sede in un quartiere della Roma “bene” al centro dell’inchiesta, aveva come titolare proprio l’imprenditore Toppi con la moglie, ma è “di fatto riconducibile”, scrivono gli investigatori, “al coindagato Nicolò Sfara e per esso al gruppo Mazzaferro”. Il tutto nel lungo periodo che va dal 23 novembre 2007 al 20 marzo 2019, “ben consapevole del fatto che le attività delittuose compiute rientravano negli interessi perseguiti dalla cosca”.

Storni in fattura e pompe bianche: il manuale del riciclaggio dei clan

Lo sgarro dell’imprenditore romano

Grazie a quella società, secondo le indagini, la cosca avrebbe ripulito i soldi sporchi della ‘Ndrangheta grazie a una serie di frodi all’Iva, lucrandoci quindi sopra. Come si legge nell’ordinanza Sfara e Mazzaferro si sarebbero dunque avvalsi di “attività economiche” in cui era impregnata la società romana di Toppi “per la sistematica commissione di operazioni illecite, elusive della normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniali o funzionali ad agevolare i reati di reimpiego e riciclaggio, oltre che reati fiscali”. E quei movimenti fruttavano milioni.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

Quando, nel 2019, Toppi cede l’intero capitale sociale della società Istituto Servizi Italia srl a Giuseppe Vitaglione un uomo indicato come contiguo al

clan camorristico D’Alessandro di Castellammare di Stabia il tutto “lasciando peraltro all’oscuro della cessione Sfara”. L’emissario della ‘Ndrangheta non la prende affatto bene e minaccia una reazione. Sfara, venuto a conoscenza dello “sgarro” subito e rispetto a una “certa arroganza” manifestata da Vitaglione, si muove. Per il ‘Petroliere’ è un vero e proprio “affronto” e si attiva per “risolvere la questione ricorrendo alla logica mafiosa della violenza”.

La fuga in Albania

L’imprenditore romano Toppi, che avrebbe fatto affari anche con Massimo Nicoletti, figlio dell’ex cassiere della Banda della Magliana, capisce che la sua vita e quella delle sua famiglia sono in pericolo e “si allontana precipitosamente dall’Italia per trovare riparo in Albania, preoccupandosi di mettere al sicuro anche moglie e figlio presso persone fidate”. Ma gli affari sul carburante, come abbiamo raccontato già in questo articolo della sezione Dossier di RomaToday, si basano su “una serie di alleanze anche con soggetti contigui ad altri contesti di criminalità organizzata operativi nella Capitale e in altre regioni”.

Perché per i clan “la benzina è diventata più remunerativa della droga”

La pace per gli affari

Per cercare di sistemare la vicenda si mette in mezzo anche Roberto Macori vicino agli Sfara, addentrato nelle dinamiche della destra eversiva romana e alleato della famiglia Senese, che si attiva per contenere le minacce di Vitaglione che, di tutta risposta, non vuole abbozzare alla reazione del ‘Petroliere’. Vitaglione, in sostanza, “non aveva alcuna intenzione di recedere”, spiegano gli investigatori, tanto che anche lui non escludeva affatto il ricorso alla violenza. Una situazione talmente delicata che pure Vincenzo Senese, figlio del boss Michele ‘O Pazz’ e che spalleggiava la tesi dei Mazzaferro, avrebbe rischiato, nonostante la parentela: “Lo volevano fare ammazzare, gli diedero un appuntamento con una ragazza. Il padre sarebbe morto di infarto carcerato”, dice un uomo intercettato. 

Il clima teso pronto a esplodere, si placa. D’altronde tutti vogliono guadagnare con il sistemo di riciclaggio di denaro. Macori lavora di fino e spiega che il “fraintendimento” che aveva poi generato la reazione dei vari gruppi era stato risolto grazie all’intervento del vertice della cosca calabrese che aveva interloquito a pari livello con i campani. Come raccontato anche nell’indagine Assedio “la conversazione getta luce sulle convergenze affaristiche di diversi clan mafiosi e consente di far emergere le caratteristiche dell’associazione in contestazione, nonché il ruolo centrale del Macori”. Gli affari vengono prima di tutto e la pace in questo senso è fondamentale. 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Finanziamo strutture per affitti brevi

Gestiamo strutture per affitto breve

Source link

Conto e carta difficile da pignorare

Proteggi i tuoi risparmi